Io e Jin ci staccammo e ci girammo per guardare meglio cosa stesse succedendo. Mi gelai sul posto appena vidi comparire Orvar ed avanzare verso di noi.
Non mi sembrava poi così tranquillo, aveva la mascella visibilmente contratta, i pugni stretti lungo i fianchi ed infine uno sguardo talmente freddo e tagliente che avrebbe potuto uccidere.
D'istinto mi portai davanti al mio amico per proteggerlo, consapevole che con lui non avrei avuto tante possibilità di batterlo. Nonostante io fossi comunque una brava combattente, era chiaro che lui, essendo uomo, il doppio di me di statura ed era più prestato ad avere più forza di me, non avrei avuto tante speranze di anche solo mettergli paura. Forse, ora come ora, lui mi vedeva più come una gatta che come una lupa.
L'uomo si abbassò la testa per guardarmi meglio negli occhi, poiché trasformata ero leggermente più bassa di un cavallo, mentre gli Alpha saranno stati alti come dei cavalli, e si mise a ringhiare più forte di me facendomi smettere all'istante e abbassare le orecchie, facendogli capire che avesse vinto lui. Come non detto, in nemmeno due secondi, mi aveva già zittita. Con il posteriore mi sedetti a terra e lo guardai per qualche secondo aspettando una sua qualche mossa.
-chi è?- chiese ammiccando verso il lupo dietro di me, sostituì nel giro di pochi secondi un sorrisetto strafottente e soddisfatto nel avermi zittita, ad una seria, che quasi mi fece drizzare il pelo come i gatti. Aveva un tono del tutto atono, ma allo stesso tempo di una freddezza capace di farti venire i brividi. Non risposi, mi alzai e mi avvicinai a Jin , gli strofinai il mio muso sul collo, facendogli capire che lo stavo salutando e che poteva tornare dal suo branco.
Orvar ringhiò ancora una volta, facendo diventare gli occhi Rossi questa volta, tanto che quasi mi fece venire paura. Sbuffai con il naso e poi mi diressi vero l'albero sempre con lo sguardo dell'uomo che mi bruciava sulla pelliccia. Mi ritrasformai e mi vestì per poi avvicinarmi a lui. Mi fermai a qualche passo di distanza e lo guardai dal basso del mio metro e sessantacinque, lui ovviamente era più alto di me, sarà stato alto più o meno un metro e novanta.
-Alpha Orvar- mi inchinai per salutarlo, nonostante fosse il mio compagno dovevo portare rispetto a lui. Non eravamo ancora ufficialmente compagni ed inoltre era comunque in una posizione più alta della mia ed inoltre gli ero riconoscente per aver protetto mio figlio.
Subito dopo averlo salutato inchinandomi, distolsi lo guardo, continuando ad osservarmi in torno, consapevole che fosse maleducato. Sapevo di non riuscire a sostenere il suo sguardo, così cercai di guardare tutto fuorché i suoi occhi, nonostante la mia lupa, insisteva sul posare gli occhi su quel Dio greco che avevo di fronte.
-tu sai chi sono, vero?- chiese l'uomo avanzando di un passo. Un cipiglio mi comparve sul volto, in che senso? Lo avevo già salutato, ovvio che sapessi chi fosse.
-si, l'Alpha del Branco della Luna Nera- constatai stranita dalla domanda insolita che mi aveva fatto. La cosa che comunque non capivo dove volesse arrivare.
Orvar sospirò ed il suo fiato caldo mi arrivò dritto in viso -tanto vale essere sinceri fin dall'inizio- disse per poi continuare dopo avermi osservato bene negli occhi -intendo l'altro nome- mi guardò quasi scocciato.
Solo adesso capí dove voleva arrivare, voleva che dicessi l'altro nome, quello con cui lui era conosciuto. Ancora incerta sul da farsi tenni la bocca chiusa. Notando con la coda dell'occhio che lui cercava continuamente il mio sguardo inclinando la testa da un lato, lo stesso dove io avevo direzionato lo sguardo.
-dillo- mi pietrificai e il mio cuore cominciò a palpitare forte, tanto che quasi mi spaventai che nel dirlo succedesse qualcosa di brutto. Deglutì un rivolo di saliva, perché stavo cominciando a sentire la gola secca. -dillo- incalzò ed io mi sentì ancora di più a disagio.
Cercai di aprire la bocca e parlare, ma non uscì nessun suono, la bocca era arida e le corde vocali avevano deciso di abbandonarmi definitivamente in quella situazione più che imbarazzante.
L'uomo annusò l'aria ed io mi accigliai -hai addosso l'odore di due maschi- ringhiò a denti stretti. Mi accigliai ancora di più non capendo, poi improvvisamente mi illuminai, avevo abbracciato Rafe e fino a poco fa giocavo con Jin, che comunque, nonostante fosse un lupo, l'odore si sentiva ugualmente. -è meglio se ti vai a cambiare- constatò ancora.
Provai a parlare e finalmente sentì un minimo di voce uscire -ruiner- bisbigliai, sapendo che lui mi avesse sentita per via del nostro udito sviluppato.
-come?- domandò ancora, me lo stava facendo apposta per caso? Mi stava provocando? Mi stavo sentendo a disagio, specialmente la sua presenza mi creava subbuglio nella pancia.
- ti-ti chiamano ruiner - conclusi balbettando con la paura che potesse succedere qualcosa da un momento all'altro.
-e quindi? Io non vedo i brividi che dicevi...-
esclamò Nelly con un tono scocciato facendomi sbuffare mentalmente, certo, non teneva minimamente conto del fatto che doveva sentire tutto ciò che racchiudeva quel nome
-e cosa racchiude? Raccontami tutto...-
insistette Nelly sottovalutando la cosa.
Ruiner = colui che distrugge e devasta, colui che intenzionalmente provoca distruzione e tumulto. Questo significava quel nome, ed era questo che si raccontava di lui, rendendolo rinomato in tutti i branchi.
E tutto ciò che racchiudeva questo nome, stava anche nella storia. Una storia che inizia da quando Orvar salì al poter come Alpha. Sconfisse branchi interi, espandendo il suo territorio portando morte e distruzione e spargimento di sangue ovunque.
Al solo pensiero mi si accapponò la pelle. Provai ad immaginare tutte le persone morte. Ciò che videro e ciò che provavano. Mi immaginai anche che tutto il sangue e la distruzione che si ritrovarono davanti agli occhi, le urla nell'aria e il cuore che batteva forte per via della paura che gli entrava talmente dentro, fino ad arrivare alle viscere, gli organi e i muscoli continuamente contratti.
Cercai in fretta di distarmi da quei pensieri macabri che mi fecero venire la pelle d'oca. Posai i miei occhi suoi suoi, ma rendendomi conto dello spaglio commesso, spostai bruscamente lo sguardo, cominciando ad osservare il prato verde.
-allora lo sai...- fece un altro passo in avanti, facendomi retrocedere di un passo. Non sapevo cosa fare, cosa avrei dovuto dire? Cominciai a tremare come una foglia, ma cercai di nasconderlo.
- io, io devo andare- dissi per poi allontanarmi velocemente da lui.
Cominciai a respirare a pieni polmoni solo dopo che mi allontanai, rendendomi conto che fino a quel momento avevano cercato di respirare solo il necessario. Cercai di non voltarmi, lasciandomi lui alle spalle.
La sua presenza vicina mi creava un'agitazione inspiegabile. Quasi mi mancava l'aria. Mi incamminai velocemente verso casa, non volevo che mi comparisse da un momento all'altro davanti, così da mettermi ancora di più a disagio.
Appena aprì il portone di casa, ed entrai mi guardai intorno, cercai di acutizzare l'udito per vedere se ci fosse qualcuno in casa. non sentì nulla, possibile che tutti fossero ancora fuori? Dopotutto era già passata l'ora di pranzo, tutti dovrebbero essere a casa.
Salì le scale e mi diressi in camera di Eirik e senza nemmeno bussare abbassai la maniglia aprendo la porta creando uno spostamento d'aria che fece oscillare alcune ciocche dei miei capelli.
-Eirik- esclamai e lo vidi alzarsi con il busto di scatto, sedendosi sul materasso -ah, allora ci sei- dissi stringendomi nelle spalle.
L'uomo mi fulminò con lo sguardo e si passò una mano sul viso ancora visibilmente assonnato -che vuoi Hayley?- chiede scocciato per poi stiracchiarsi alzando le braccia.
A quella vista quasi svenni. Per via di quel gesto la coperta che aveva addosso Eirik, gli scivolò, così da mettere in evidenza tutti i suoi pettorali e addominali. Per non parlare dei muscoli delle braccia che contraendosi avevano evidenziavano il bicipite che formò una gobba. Quasi sbavai, ma mi ricordai che si stava trattando di mio fratello, così mi contenni.
-hai l'odore di due maschi addosso- constatò il biondo trucidandomi con lo sguardo - nonostante sappiamo entrambi a chi appartengano quegli odori e sappia benissimo cosa è successo con Ruven, penso che si arrabbierà, ti conviene tardi una lavata- mi ammonì.
-non mi interessa- alzai gli occhi al cielo ed entrai nella stanza, chiudendomi la porta alle spalle. Mi sedetti di fianco a mio fratello -Evan?-
-ho risolto tutto io, tranquilla- mi sorrise calorosamente -ma adesso ti prego, datti una lavata- arricciò il naso facendomi ridacchiare.
- vado a lavarmi- sorrisi e me ne andai dalla stanza lasciando mio fratello dormire.
-Narah- mi girai di scatto verso la voce che si rivelò essere di Ruven. Annusò l'aria e fece quasi per guardarmi con disgusto, ma cercai di ignorarlo, facendo finta di nulla.
Non dissi nulla, non avevo minimamente la voglia di litigare, lo guardai solo impassibile. Lui mi sembrava invece leggermente turbato, non saprei da cosa ma i suoi capelli spettinati e il suo viso era contratto e non rilassato.
-speravo di poterti parlare- si avvicinò a me con passo incerto ed io lo guardai stranita. Mi sembrava strano che per una volta nella vita non mi stesse guardando come faceva di solito e che mi parlasse senza impormi le cose.
-dimmi Ruven- dissi in un sospiro -però ti avverto, non ho voglia di litigare- lo esortai mettendo le mani avanti.
Annuì silenziosamente con uno sguardo che quasi mi supplicava -possiamo andare nel mio studio? Non mi piace parlare qua in corridoio- indicò con la mano le scale dietro di lui.
Fu il mio turno questo di annuire e cominciai a seguirlo giù dalle scale e per i corridoi arrivando infine al suo studio dove lui prese posto sulla sua solita sedia ed io rimasi in piedi di fronte a lui. Fra di noi c'era un silenzio, tanto che pensai che il mio udito non funzionasse più.
-ti prego, siediti- mi indicò con la mano la sedia al mio fianco, ma io non mi sentivo abbastanza tranquilla da potermi sedere.
-dimmi quello che devi dirmi- affrettai la conversazione, non volevo che si perdesse tempo o ci girasse attorno, tanto valeva arrivare dritti al punto.
-per stasera puoi considerarti libera- prese una penna e cominciò a passarsela fra le dita, come se ci stesse giocando. Poi si alzò sbuffando e riponendo la penna nel portapenne, dove l'aveva presa -inoltre...- lasciò la frase in sospeso per qualche secondo in cerca delle parole adatte da dire, presumevo, o perché era indeciso se parlare o no.
-non esitare- incrociai le braccia sotto il seno e spostai il peso del corpo su una gamba.
- volevo chiederti scusa per tutto quello che hai passato in questi anni per colpa mia- scrollò il capo sconfitto -e dico sul serio- il volto dispiaciuto mi fece credere che davvero fosse pentito, ma dentro di me cercavo di non crederci tanto, dopotutto poteva anche essere uno scherzo, che in caso lo fosse stato davvero, sarebbe stato di cattivo, cattivissimo gusto.
-c'è una domanda che mi ha tormentato per questi ventidue anni e alla quale io non riesco a darmi una risposta, forse tu adesso riuscirai a colmare questo mio vuoto mentale- mi avvicinai alla scrivania di un passo -perché?- chiesi semplicemente.
Cercai di tenere un tono di voce che non facesse trasparire ciò che sentissi dentro, atono. Se solo avessi dato alle mie emozioni il comando del mio corpo, avrei di sicuro avuto il voce tremolante, un tono basso e poco sicuro oltre che convinto. Nessuno, tantomeno Ruven mi avrebbe mai capita e presa sul serio.
Passarono un bel po' di secondi prima che lui decise di aprire la bocca -vedi...- si alzò e si avvicinò a me aggirando la scrivania e appoggiando il fondoschiena sul bordo del tavolo -il fatto che papà fin da piccolo mi tenesse in disparte, rispetto te e Eirik che giocavate sempre assieme, ha contribuito facendo crescere una gelosia in me, talmente tanto, che questo sentimento era cresciuto in me, che non riuscivo proprio a starti vicino- constatò.
Non negai che le sue parole mi ferirono. Sentire dal priprio fratello, che era sempre stato geloso di me, mi fece sorgere un sacco di domande nella testa -gelosia per cosa?- lo fissai meglio, nonostante lui guardasse a terra, forse proprio perché si vergognava di quello che stava per rivelarmi.
-tu ed Eirik avete sempre avuto un rapporto, dove fra voi due c'era tanto feeling. Ed era proprio questo che a me mancava da parte tua- rispose con un tono di voce calmo -ma il mio troppo orgoglio ed ego, non mi aveva mai permesso di poterti dire queste cose e tantomeno di potermi avvicinare a te, anche perché sarei passato una femminuccia, decidendo quindi non non dirti mai nulla. Però questo fece sì che dentro di me, cresceva sempre di più una gelosia che nemmeno tu puoi capire- si passò una mano visibilmente frustrato sul viso.
-e di cosa eri geloso in particolare, di me?di Eirik?- alzai un sopracciglio curiosa della risposta imminente.
-del rapporto che avevate te e Eirik- ribadì -come dicevo prima, papà mi insegnava il suo lavoro fin da quando eravamo piccoli, tu avevi solo tre anni ed io 9, quando papà cominciò ad insegnarmi il suo lavoro. non avevo mai tempo per stare con voi, specialmente con te- continuò sconfortato passandosi ancora una mano fra i capelli che ormai erano tutti ancora più spettinati -io ti ho sempre voluta bene, ho sempre desiderato di avere con te un rapporto stupendo, ma la mia gelosia prendeva sempre il sopravvento, e solo oggi, dopo che mi ha detto tutto quello che provavi ho capito che dovevo metterla da parte e cercare di creare un legame che solo i fratelli hanno- concluse guardandomi con i suoi occhi che mi rimasero talmente impressi nella mente che se avessi chiuso gli occhi, li avrei rivisti.
Dal cristallino dei suoi occhi riuscì a vedere chiaramente tutte le emozioni che gli passarono per la mente, vedevo tutto. Pentimento, risentimento, disperazione e... paura? Mi accigliai
Sospirai -io, non so davvero che dire- lasciai che le braccia ricadessero lungo i miei fianchi -perché hai paura?- ammiccai avvicinandomi a lui di un altro passo.
-perché ho paura di perderti- scattò in avanti, facendomi sobbalzare sul posto. Non mi sarei mai aspettata una risposta del genere da parte sua. Quasi, tutto questo, stava diventando troppo per me in un solo giorno. Mi prese per i fianchi e sgranai gli occhi dalla sorpresa, cercai di dimenarmi per allontanarmi. Ma lui continuava a tenermi ferma -ti prego, non allontanarti- mi supplicò.
Noi quel tipo di intimità non l'avevamo mai avuta e ciò mi creava molto disagio. Come poteva pretendere da me, che in un attimo mettessi tutto da parte, e farmi toccare da lui, cosa che in ventidue anni di vita non avevo mai fatto.
-devi cercare di capirmi- lo guardai per qualche secondo di silenzio -non puoi pretendere da me che in un attimo accetti tutta questa situazione- anche perché con Eirik, era un'altra cosa, con lui ero abituata ad un certo tipo di confidenza, con Ruven a stento ci parlavamo.
-lo so, ma permettimi almeno di farti capire che voglio costruire un rapporto con te. Permettimi di volerti bene e di avere fra di noi un rapporto di fiducia e fraterno, come quello che hai con Eirik- insistette.
-non posso- negai con la testa. Allontanò le mani dai miei fianchi in un movimento fulmineo tanto che quasi mi fece pensare che si fosse fatto male, si allontanò.
-perché?- aveva uno sguardo disperato.
-perché tu e Eirik siete due persone diverse. Certo, posso cercare di creare con te un rapporto nuovo, ma siete due persone completamente diverse, con caratteri diversi, ovvio che non potrò mai avere lo stesso rapporto con te, come quello che ho con Eirik-
Sospirò di sollievo perché gli avevo automaticamente detto che ero disposta a perdonarlo, penso.
-ed Evan?- chiesi.
-lo so, ho sbagliato a tirare in mezzo al discorso lui, ma ero talmente arrabbiato che non ho più riflettuto- sospirò disperato per tutta quella conversazione che, senza nemmeno accorgermene ci aveva fatto passare quasi tutto il pomeriggio.
Guardai fuori dalla finestra, il sole era ancora alto, poteva farmi credere che il tempo non fosse passato, ma in realtà in primavera le giornate cominciavano a durare di più.
-dimmi che abbiamo risolto- supplicò mio fratello ed io annuì -mi daresti un abbraccio?- chiese allargando le braccia, forse per non farmi allontanare come prima essendo avventato.
Io senza esitare mi ci tuffai dentro sprofondando in quello che io definivo un caloroso abbraccio -ho sempre desiderato poterlo fare- strofinai la guancia sui suoi pettorali marmorei.
Lui mi accarezzò i capelli -e d'ora in poi potrai farlo quando vorrai- mi uscì una lacrima.
Lo strinsi più forte a me e restammo in quella posizione per un bel po di tempo, dove io mi presi del tempo per riflettere su tutto quello che era appena successo.
E quasi come un sogno, un desiderio nel cassetto, tutto ciò che volevo, si è tramutato in realtà. Avevo sempre desiderato di poter avere anche solo un abbraccio da mio fratello.
E adesso eccolo, fra le mie braccia. Il calore del suo corpo che riscalda il mio, il suo fiato caldo che mi colpiva il collo, le sue braccia che mi stringevano a lui, con la paura che da un momento all'altro possa scappare. E ciò mi rendeva felice, perché mi fece capire realmente che lui ci teneva davvero ad un nuovo inizio.
Tutto ciò non cambiò il fatto che tutto questo all'improvviso era strano, ma dopotutto meglio che fosse successo adesso, e non quando magari quando saremo stati più grandi o addirittura mai.
Per tutta questa novità non nascondo che avevo paura di rimanere delusa, ed inoltre, penso che ci avrei messo del tempo per potermici abituare. Ero cresciuta con un fratello che non mi aveva considerata per ventidue anni. Adesso mi sarei dovuta impegnare anche in quella relazione nuova che avevo sempre voluto, convincendomi che Ruven fosse cambiato e che in realtà mi volesse bene.
L'unica cosa che speravo, era che tutto andasse a buon fine, che di lui mi potevo fidare e che tutto sarebbe andato a buon fine. Io ci volevo credere davvero a tutto quello che mi aveva detto, io mi ci volevo impegnare davvero in quella relazione.
Sicuramente la nostra famiglia sarebbe stata più unita. Anche se per poco, perché molto probabilmente me ne sarei andata da qui fra qualche giorno, ma mi bastava comunque. Almeno negli ultimi giorni, sarei stata più tranquilla, e nel momento in cui io me ne sarei andata, sarei partita in totale serenità, senza nessun ripensamento o rimpianto.
Ruven accorgendosi che alcune lacrime mi erano cadute per via della sua camicia bianca leggermente bagnata mi alzò il volto mettendomi l'indice sotto il mento -non piangere, ti prometto che ci sarò sempre per te, d'ora in poi- mi baciò ancora una volta la testa e mi strinse forte a sé.