Se durante le lezioni della mattina William si era dedicato al pensare come spiegare a quei due idioti che se avessero messo altre foto che lo riguardavano sul giornalino sarebbero morti, in quel momento stava rimpiangendo i problemi che portava l'adolescenza. Inoltre, non bastava il fatto che nei corridoi già si parlasse di lui, ovviamente il preside doveva richiamarlo nel suo ufficio attraverso l’altoparlante in modo che tutti sentissero quel chiaro «William Spencer è chiamato a presentarsi nell'ufficio del preside.» che portò solo all’aumentare del mormorio.
Stava odiando quella dannata scuola, sul serio. Scese le scale velocemente e si diresse nel corridoio a destra, bussando poi alla porta in legno sulla quale era applicata una targhetta dorata che riportava la scritta "Mr Peterson" cosa su cui si concentrò per cercare di calmarsi. Non aveva fatto nulla di male, quindi di certo il preside non poteva rimproverarlo dal punto di vista del comportamento. O almeno era quello che sperava.
«Avanti!» lo invitò l'uomo dall'interno. Aprì prima uno spiraglio di porta, affacciandosi nella stanza con solo la testa, notando un uomo seduto davanti al preside. Aveva i capelli biondo cenere, gli occhi azzurri concentrati sul ragazzo seduto al suo fianco e uno sguardo severo, che si posò su William non appena questi entrò nella stanza chiudendosi la porta alle spalle e mormorando un imbarazzato «Buongiorno Mr Peterson.» per poi sedersi quando l'uomo gli fece cenno di accomodarsi in una delle sedie poste davanti alla scrivania e ricambiò il saluto.
William sentì lo sguardo del ragazzo, ossia Theo, su di sé e si voltò lanciandogli uno sguardo annoiato. Aveva davvero convocato quella riunione per un po' di caffè? Dio, sperava non fosse così o si sarebbe vergognato al posto suo per quanto triste e bisognoso di un urgente ricovero sarebbe stato il biondo al suo fianco, che lo studiava con quei maledetti occhi scuri come la pece.
«Theo ha fatto presente a me e al signor Lord che hai rovesciato un caffè caldo su di lui.» cominciò il preside. William strabuzzò gli occhi. Che diavolo voleva quel pazzo da lui? E rovesciare il caffè su di chi? Dio Santo, erano seri? Non vedevano lo stupido ghigno sulla stupida faccia di quello stupido essere vivente che era Theo Lord?
«Non ho fatto nulla Mr Peterson! Ma anzi, sono io quello che si è beccato il caffè sulle scarpe se proprio vogliamo dire le cose come stanno.» ribatté, seguito da Theo l'idiota che «In realtà hai rovesciato il mio caffè e mi hai anche rovinato gli appunti! È una cosa ovviamente intenzionale.» gracchiò indicando con l'indice William, che si portò la mano sul ponte del naso pressando le dita contro questo e facendo respiri profondi per calmarsi e non sputargli in faccia che era solo un bambino viziato e stupido.
«Vorrei chiedere un provvedimento per questo ragazzo, se vuole fare del mal-» cominciò il padre del deficiente e William dovette davvero ricorrere a tutta la pazienza possibile per non picchiarli entrambi e spedirli all'Inferno.
«Sentite, non voglio ferire nessuno, è stato un incidente e non capisco perché ora ne stiamo facendo un caso di stato.» lo interruppe William, guardando il preside che ricambiò il suo sguardo accennando ai due. Quindi neanche a lui importava un fico secco ma gli stava solo dando corda perché erano due poveri imbecilli! Fantastico, William si sentiva meno solo e disperato ora che sapeva di avere il preside dalla sua parte.
«Mi vuoi dire che non è stato intenzionale?» scattò Theo, spingendolo toccandogli la spalla ma venendo fermato dal padre che gli strinse appena il polso, «Le mani a posto, Theodore.» lo rimproverò con tono duro e severo. William aggrottò le sopracciglia. Conosceva quella voce, l'aveva già sentita prima, ma era abbastanza impossibile visto che non era mai passato neanche per sbaglio a Beckley e non era sicuramente nello stesso livello della piramide sociale di quei due.
«Due giorni di detenzione dopo scuola possono essere di aiuto, Mr Lord?» chiese il preside, facendo segno a William di tacere quando vide che stava aprendo la bocca per lamentarsi. Dannazione, non voleva solo protestare, ma ucciderli tutti e tre. «Non una settimana?» ribatté Theo, addolcendo lo sguardo, «Mi ha davvero spaventato.» mormorò, fingendosi innocente e dolce. William stava per ucciderlo, sentiva il sangue bollire nelle vene e queste ultime pulsare, la mano formicolare e le dita muoversi nervosamente, vogliose di stringersi in un pugno e collidere con lo zigomo di quel deficiente.
«Facciamo così: ora lasciamo il giudizio in sospeso, ma se William ti provocherà o ti giocherà un brutto scherzo ancora una volta, affronterà una settimana o due di detenzione dopo scuola dalle tre e trenta alle sei e trenta.» assicurò il preside e in quel momento William decise che non avrebbe manco sfiorato, parlato o respirato vicino a Theo per evitare di perdere il lavoro a causa di un'inutile e ingiusta detenzione a scuola.
«Ma-» provò a ribattere Theo, venendo anticipato dal padre che «Mi sembra un'ottima idea, Signor Peterson. La ringrazio per la sua disponibilità nel voler risolvere i problemi del mio Theodore. Lei sa come sono questi ragazzi,» si alzò e William sentì gli occhi chiari dell'uomo gettare uno sguardo su di lui prima di continuare, «fanno una tragedia per tutto. Volevo solo assicurarmi fosse tutto sotto il suo controllo e ha chiaramente la situazione in mano,» leccaculo e falso come il figlio, «quindi ora posso andare al lavoro con un peso in meno.» porse la mano all'uomo calvo di fronte a lui che la strinse accennando un sorriso, «Spero di esserle stato d'aiuto, Mr Lord.» disse cordiale, lasciando poi che padre e figlio abbandonassero l'ufficio. Il primo soddisfatto ed il secondo con uno sguardo tra il ferito e l'arrabbiato.
Pazienza, gli sarebbe passata e si sarebbe abituato a perdere ogni tanto. «Sono certo tu non abbia fatto ciò.» osservò poi il preside, tornando a sedersi e ottenendo l'attenzione di William su di sé, «O almeno non di proposito. Mi dispiace ma Mr Lord è davvero un osso duro e fornisce una buona parte del denaro che permette alla scuola di andare avanti.» continuò, togliendo gli occhiali e poggiandoli sulla scrivania. William annuì, «Va bene.» disse soltanto, «Con permesso.» aggiunse poi, uscendo dall'ufficio. Si guardò intorno e sospirò andando al proprio armadietto e notando un pezzo di carta scivolare e poggiarsi ai suoi piedi. Aggrottò le sopracciglia dando una rapida occhiata al corridoio vuoto, ringraziando di aver saltato un quarto d'ora della lezione e raccolse il pezzo di carta, che si rivelò una foto di almeno quattordici anni prima.
La voltò e notò un piccolo post-it sotto la scritta "02-08-03 Baby Will" che recitava "Come ci si sente ad essere solo al mondo?".
William guardò con attenzione la foto che ritraeva un piccolo lui con accanto Jason, colui che doveva essere suo padre. La osservò per qualche istante e sobbalzò lanciandola nell'armadietto e sbattendo lo sportelletto per chiuderlo quando si sentì toccare la spalla.
«Hei, tutto bene?» chiese Edward alle sue spalle, «Ho sentito che il preside ti ha chiamato nel suo ufficio.» continuò guardandolo con un'espressione interrogativa e curiosa notando il nervosismo dell'altro.
«Si io- niente di importante.» gettò un rapido sguardo intorno a sé e prese per mano Edward allontanandosi dall'armadietto senza osare riaprirlo nonostante non avesse preso il libro di storia.
«Non sembra, sei nervoso.» insistette il riccio, ma William gli strinse più forte la mano, «Sto bene, ho detto.» disse con tono fermo, andando verso la classe con mille pensieri per la testa.
Edward non replicò, ma si voltò gettando uno sguardo all'armadietto 127. Era accaduto qualcosa e lui necessitava di saperlo. Non era solo una questione tra lui e William, dietro c'era molto altro e se gli fosse capitato qualcosa non se lo sarebbe mai perdonato. Più tardi avrebbe chiamato Michael.