Capitolo X

2659 Words
Beatrice Mi svegliai avvolta da un profumo inebriante, un magnifico angelo giaceva sereno al mio fianco ma ahimè per troppo poco i suoi occhi rimasero chiusi così che io potessi ammirarlo indisturbata “ Buongiorno” esibii il mio miglior sorriso e gli carezzai il volto ricoperto dalla barba ispida. I suoi occhi lucenti si incupirono e con gesto repentino si scostò da me guizzando via dal letto. Lo osservai confusa mentre si rivestiva in tutta fretta. Mi misi a sedere coprendo il mio seno nudo con il lenzuolo sgualcito. “ Mi spieghi cosa stai facendo?” lui si voltò e quasi non lo riconobbi “ me ne vado” “ Così dal nulla, te ne vai?” sgusciai via dalle coperte e presi in fretta una vestaglia dall’armadio. Lo seguii fino alla porta cercando di fermarlo invano “ Cazzo, fermati Samael! Perché stai scappando?” lui si bloccò e si voltò. “ Abbiamo scopato Beatrice, e adesso me ne vado” la sua calma mi paralizzò “ Ci vediamo a lavoro” sbattè la porta dietro di sé lasciando me a raccogliere i cocci della mia imprudenza. Il confine era svanito e la falena aveva bruciato le sue ali. “ Bibi..” mi voltai verso Stef che mi guardava con compassione. Passai le dita sotto ai miei occhi lucidi e gli sorrisi. “ Va tutto bene” lui si avvicinò racchiudendomi tra le sue braccia “ Non va tutto bene!” mi strinse di più a se dandomi quel calore di cui avevo bisogno “ Dovresti mandarlo all’altro mondo e non fargli di più da schiava Beatrice” mi scostò dal suo petto e mi guardò serio. Buttai fuori l’aria dai polmoni e chiusi gli occhi per un istante prima di parlare “ Hai ragione dovrei farlo” Stef aveva la capacità di interpretare i miei pensieri con un solo sguardo “ Ma non lo farai vero?” il suo tono rassegnato mi fece colpevolizzare me stessa per quell’atteggiamento così ostinato. “ No, non lo farò” lui annuì e lasciò un casto bacio sulla mia fronte prima di ritornare nella sua stanza. *** “ BIBI!” una bambina corse verso la mia scrivania come un grillo impazzito. Non mi diede il tempo di proferire parola che la ritrovai attaccata alle mie gambe. “ Elisa De Luca cosa ci fai qui ? “ la sollevai da terra e la riempii di baci facendola ridere “ Sono con la mamma” in quel momento fece la sua comparsa la madre della bambina. Mariavittoria era indubbiamente una donna bellissima ma i suoi modi erano esagerati e il suo linguaggio scomposto. Mi chiesi cosa ,oltre l’aspetto fisico, avesse potuto affascinare De Luca tanto da sposarla. Il suo volto longilineo e la sua espressione ariosa mi fecero figurare una donna molto simile a lei, mia madre. “ Signora Lione, non l’aspettavamo” lei mi guardò saccente rilasciando uno sguardo inorridito alla figlia che giocava con i miei capelli. “ Credi che abbia bisogno di un appuntamento? Dov’è mio marito?” Ex marito, precisai nella mia mente “ Il signor De Luca ancora non è qui “ mi balenò un idea malvagia “ Se vuole può aspettarlo nel suo ufficio, arriverà a momenti” le rivolsi un sorriso falso e l’accompagnai nell’ufficio del demonio. Ripresi il lavoro con calma sentendomi in pace con me stessa. Di certo per Samuel trovare la donna che sopporta di meno nel suo ufficio sarebbe stata una bella sorpresa. Non passò molto prima che De Luca facesse il suo ingresso trionfale. Dall’ingresso sentii la sua voce tuonare ordini a qualche mal capitato e i suoi passi pesanti rimbombavano sul pavimento. Come mi aspettavo oltrepassò la mia postazione senza dire nulla dirigendosi direttamente in ufficio. “ COSA CAZZO CI FAI QUI? “ sentii il tonfo della porta che si chiudeva e sorridente feci girare me stessa sulle rotelle della sedia. *** Distolsi lo sguardo dal computer solo quando la bambina dagli occhi verdi si presentò dinnanzi a me. “ Bibi, papà ti vuole” Sapevo che quel momento sarebbe arrivato da quando Mariavittoria era uscita furente dall’ufficio pochi minuti prima, non curandosi minimamente della figlia. Mi alzai e dissi ad Elisa di stare al mio posto fin quando non fossi tornata. “ Signor De Luca ha bisogno di qualcosa?” sfoderai il mio miglior sorriso da buona assistente mentre lui mi guardava come una fiera pronta ad azzannare la sua preda. “ Ti sei divertita abbastanza?” ci pensai su poi risposi “ Si, mi sono divertita parecchio. C’è altro?” misi le mani ai fianchi e attesi la sua mossa “ Sì, questa è la lista dei tuoi impegni di oggi. Spero che tu possa essere all’altezza del tuo ruolo” strappai il foglio dalle sue mani e quando mi concentrai sullo scritto persi la pazienza “ Di quale ruolo stai parlando, quello di cameriera o di assistente redattore? “ lui aggirò la scrivania e si piazzò davanti a me. “ Quello di segretaria, Beatrice” strinsi i pugni lungo i fianchi arrabbiata “ Bene Samael finirò la tua stupida lista” la gettai contro il suo petto e la carta scivolò ai suoi piedi “ C’è ancora una cosa, Sabato Emilia avrà un altro incontro qui a Firenze” “ Mi dispiace ho già fatto programmi” lui sgranò gli occhi e io sorrisi soddisfatta “ Beatrice non dire stronzate, tu Sabato sarai a quel dannato incontro chiaro?” “ No, Samuel non ci sarò perché ho già fatto programmi quindi arrangiati” lo lasciai come uno stoccafisso a guardare il mio sedere ancheggiare via dalla porta. *** Liberarmi delle scarpe fu un gioia e il comodo divano fu piena estasi. Dopo un intera giornata a correre per l’intera Firenze ero esausta. Presi il mio amato k****e e spulciai le varie scelte fin quando un nome comparve ai miei occhi. SUD.AKO Editori. Non cercai di riflettere razionalmente su ciò che stavo per fare. Recuperai il numero della casa editrice e sperai che quel dannato giorno ci fosse ancora qualcuno in ufficio. “ SUD.AKO Editori come posso esserle utile?” la voce era squillante, si trattava di una ragazza. “ Ehm… Si Salve sono Beatrice Mancini, so che è tardi ma il Signor Puccini mi aveva detto di chiamare per il mio libro e…” “ Non si preoccupi, attenda in linea” mi morsi il labbro e giocai nervosamente con una ciocca di capelli. “ Beatrice” non credetti alle mie orecchie “ Gabriel!” “ Posso fare qualcosa per te?” “ In realtà non so nemmeno io perché ho chiamato.. beh ho visto il nome della casa editrice su un libro e ho pensato a te” la mia voce timida era patetica “ Sono felice che tu l’abbia fatto ma stavamo per chiudere quindi devo lasciarti” “ Oh… mi dispiace” “ Che ne dici se ci vedessimo per un caffè domani?” i miei occhi brillarono “ Si certo, mi farebbe molto piacere” Gli lasciai il mio numero e promise di chiamarmi per i dettagli. Mi accasciai sul divano, avere un appuntamento per il giorno seguente non era calcolato ma avrei potuto trarne vantaggio per racimolarne uno vero per il Sabato successivo. Pensai alla conversazione con De Luca e se mai lui avesse scoperto che in realtà io, di progetti non ne avevo nemmeno uno , ero fritta. *** “ Ho letto il tuo libro ” guardavo Gabriel sorseggiare il suo caffè nero “ Il mio libro?” lui mi guardò confuso “ Le rose hanno le spine” picchiai la mia fronte per essere così sbadata “ Oh certo! Il mio libro… e dimmi, cosa ne pensi?” intrecciai le dita sotto al tavolo nervosa “Ti sembrerà sciocco ma guardandoti non direi proprio che lo abbia scritto tu” trangugiai il caffè d’un fiato bruciando la mia gola. “ In effetti è stato Emilia a scriverlo” dissi il vero se solo non fosse che Emilia in realtà era un lurido demone. “ Posso chiederti perché uno pseudonimo? “ l’uomo mi guardava con occhi scuri e curiosi “ Credo sia più facile far finta di essere qualcun altro quando non si è in grado di aver successo essendo se stessi” “ Credo che tu possa aver successo anche come Beatrice” il suo sorriso sincero mi scaldò il cuore. I suoi lineamenti non avevano nulla a che fare con quelli duri di Samuel. Gabriel era un angelo buono me lo sentii nel sangue. “ Come fai a dirlo, mi conosci appena” abbassai lo sguardo sulle mie mani giunte tra le cosce. “ Ti ho sentita alla presentazione” trattenni il fiato rimembrando l’evento con astio e dolore. “ È stata davvero pessima” “ Samuel De Luca che viene abbattuto da una giovane letteraria, me lo ricorderò a vita” scoppiai a ridere seguita da lui “ Dico sul serio Beatrice, prova a scrivere qualcosa che sia tuo ” di certo quell’uomo non poteva sapere che tentavo di scrivere qualcosa di mio da anni senza alcun risultato degno di valore. “ Non riuscirei comunque a farmi notare” lui si passò una mano sul mento accarezzando la barba chiara prima di propormi un accordo impensabile “ Vieni a lavorare per me” pensai di non aver sentito bene “ Non dici sul serio” lo derisi ma lui prese la mia mano e mi guardò serio “ So che sei l’assistente di Samuel e so che non è ideale.” Mi chiesi come facesse a sapere che mansione svolgessi all’interno della De Luca Editori. Scostai la mano sospettosa. “ Come fai a saperlo?” “ è una sciocchezza Beatrice, concentrati su ciò che ti ho chiesto” riflettei sulla proposta. Da tempo ormai avevo intenzione di lasciare la De Luca Editori ma il mio sogno me lo impediva. In quel momento la mia anima si ritrovò divisa tra due fuochi, da un lato la mia passione per la scrittura e dall’altro, qualcuno che non riuscivo ad eliminare dalla mia vita “ Come farò con il mio libro?” la questione di Emilia non era da sottovalutare “ Continuerai a lavorare con loro per la pubblicità e il resto” poteva di certo essere un buon compromesso anche se sospettai che Samuel non avrebbe mai accettato quelle condizioni “ Posso avere del tempo per pensarci?” Gabriel mi sorrise, felice del fatto che avessi preso in considerazione la sua offerta. Ci salutammo con un abbraccio e promise di chiamarmi. Non ero riuscita ad ottenere nulla per Sabato e questo mi costringeva ad andare al maledetto incontro di Emilia. *** Dedicai del tempo al mio aspetto ottenendo un risultato finale semplice ma raffinato. I ricci ebano cadevano sulla mia schiena e il tubino verde mela mi dava un’aria da adulta raffinata. Per quanto odiassi mia madre il mio gusto delicato dipendeva dalla sua educazione. Raggiunsi il luogo con l’auto di Stefano che ancora una volta era fuggito in un luogo esotico per fotografare modelle d’alto borgo. Vidi la figura di Samuel all’ingresso dell’edificio discutere animatamente con una donna che in lontananza pareva fosse Sophia. Li oltrepassai senza proferir parola e nonostante mi dispiacesse il mancato rispetto per Sophia, Samuel non si meritava altro che indifferenza. Sentii una folata di vento e per poco non mi scontrai con un petto robusto comparso dal nulla al mio cospetto. “ Beatrice, cosa ci fai qui?” lo guardai attraverso le lenti dei miei occhiali. “ Io sono qui per lavorare, ora se non ti dispiace ho un incontro a cui partecipare” lo oltrepassai spintonandolo e ancheggiai fino all’uscio di quella che avrebbe dovuto essere la sala conferenze locata per l’occasione. Al contrario dell’ultima tavola rotonda quella era di livello sopraffino. Le menti che mi circondavano mi affascinavano riuscendo a coinvolgermi in toto. Il tempo volò e quasi mi dispiacque abbandonare il gruppo di scrittori. Salutai tutti con cordialità augurandomi di incontrarli ancora magari organizzando qualche evento a tema. Prima di uscire mi fermai con un uomo che scoprii essere un Dantista. Aveva parlato dell’amor cortese con troppa lucidità e fermezza per non esserlo ma volevo esserne sicura e soprattutto ero curiosa di sapere quale fosse il suo pensiero sull’amor profano condannato da Dante. “ Perdonami Giacomo, posso rubarti Emilia?” il dannato demone interruppe la conversazione e coprii il mio fastidio con un falso sorriso di circostanza. “ È stato un piacere parlare con te Giacomo” lui mi sorrise e mi salutò augurandomi una buona giornata “ La mia conversazione era decisamente più importante di qualunque tua cazzata” lui mi prese per il braccio e mi trascinò fuori a forza “Lasciami subito !” riuscii a scansarmi solo fuori dall’edificio “ Credi di poter fare quel che ti pare Beatrice?” “Credo che il tuo atteggiamento non sia stato diverso dal mio” mi spinse dietro un vicolo intrappolandomi tra se e il muro “ Cerchi di provocarmi da giorni, cosa hai intenzione di fare?” Ripensai al mio atteggiamento della settimana e oltre che indifferenza non gli avevo concesso altro. “ Cerco di starti alla larga prima che il tuo marciume infetti anche la mia anima” lo spinsi via ma lui mi braccò ancora “ La verità Beatrice, è che tu sei come me. Dietro la tua virtù c’è solo paura di ciò che vuoi” si avventò sulle mie labbra schiacciandomi al muro di pietra. Fagocitata dalla sua passione riuscii a mordergli il labbro così forte da sentire il sapore metallico del suo sangue. Lui si scostò cacciando un urlo dolorante. “ Non ti azzardare mai più a toccarmi!” il sangue ribolliva nelle mie vene mentre un sorriso strafottente si mostrò sul suo volto. I suoi occhi inferociti e il suo sguardo tetro lo fecero sembrare un vero demone. Timorosa indietreggiai. “ Vuoi davvero farmi credere che non ti sia piaciuto? Se ti vedessi come ti vedo io vedresti la lussuria nei tuoi occhi” il suo fiato sul collo mi annebbiava la mente. Inclinai la testa per dargli maggiore accesso. “ Si… Beatrice, io sono disposto a riconoscere la mia essenza ma tu?” si scostò via lasciandomi boccheggiante. “ Cosa sei disposta a fare?” la mia mente tornò ad essere lucida e la rabbia rimasta attonita dal suo incantesimo tornò in superficie. Mi avvicinai a lui mostrando la mia brama di lotta. “ Non mi farò mai corrompere da te” lui mi fissò “ Questa notte, guardati allo specchio e ripetiti quanto sei buona e virtuosa. Pensaci prima di addormentarti da sola” mi oltrepassò lasciandomi sola e sopraffatta dai miei stessi sentimenti . *** Quella notte non feci altro che rigirarmi nel letto senza mai prendere sonno. Guardai l’ora sullo schermo del telefono e vidi che mancavano poco meno di due ore all’alba. Decisi di iniziare la mia giornata alle quattro del mattino con poche ore di sonno e la mente confusa. Non riuscii neppure a stare in casa decidendo di andare a lavoro quando il sole fosse appena sorto. Ringraziai con il pensiero Liliana per quel giorno in cui mi costrinse a fare una copia delle chiavi d’ingresso. Sistemai il cappotto sulla sedia e cominciai a spulciare i manoscritti ancora da correggere. Le mie orecchie guizzarono all’udire un rumore. Cercai di avvicinarmi alla fonte per capire cosa fosse e man mano il rumore divenne più forte, fino a quando, dietro la porta dell’ufficio principale ,divenne un gemito. “ Oh Dio Samuel!” mi si gelò il sangue e il mio cuore smise di battere. Non cercai di capire chi fosse la donna ma non ci fu dubbio di chi fosse il nome dell’uomo. Presi la mia borsa e fuggii via. Appena fuori da quell’edificio immondo composi il numero infischiandomi del fatto che fossero appena le sei del mattino. “ p-pronto Beatrice?” “ Gab, accetto il lavoro”
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