Samuel
La vidi oltrepassarmi senza degnarmi di uno sguardo, lasciandomi attonito. Tutta la mia ira e la mia arroganza vennero spazzate via dalle sue ultime parole intrise di dolore. Avrei voluto rincorrerla e urlarle quanto mi dispiacesse, quanto io fossi uno stronzo fuori controllo e quanto il mio animo dannato non fosse degno di avvicinarsi al suo candore. Ma non sono riuscito a fare nulla se non guardarla uscire da quella stanza. La mia catalessi venne interrotta da una voce forte e arrabbiata.
“ Mi spieghi cosa cazzo cercavi di fare Sam?” vidi Sophia con gli occhi di fuoco e le permisi di trascinarmi fuori da quella sala per non rischiare che qualcuno sentisse la nostra discussione.
“ Non so cosa mi sia preso Soph, davvero…” passai le mani tra i miei capelli e chiusi gli occhi pensando a come risolvere quell’infausta circostanza.
“ Non sai cosa ti sia preso?! Razza di bastardo arrogante, stavi facendo saltare tutto, ringrazia i tuoi angeli in cielo se non ti prendo a calci in culo De Luca!”
La elegante Sophia si era trasformata in una donna assetata di sangue, il mio, e per quanto mi infastidisse il suo trattarmi come un bambino aveva ragione. Non dovevo fare nessun intervento e non avrei dovuto infervorami in quel modo ma quella donna mi esasperava così tanto da farmi perdere il nume della ragione. Per tre anni aveva represso ogni suo istinto combattivo, mentre in quel momento sembrava una donna nuova, energica e sicura di sé. Non avevo mai visto questo suo lato e non potevo prevedere che le mie scelte l’avrebbero messa a nudo in quel modo.
“ Sistemerò tutto ok? È stato solo un intervento molto infervorato che ha creato abbastanza aspettative quindi non credo che lo spettacolino sia stato inutile” ripresi il controllo di me stesso e anche se Sophia era dannatamente incazzata non poteva non ammettere che in fondo la storiella avrebbe dato frutti di pubblicità non indifferenti.
“ Te la sei portata a letto vero?” per poco non mi strozzai con la mia stessa saliva
“ Sei diventata matta? Non lo farei mai!” lei mi guardò con sospetto e inclinò la testa studiando il mio viso come a voler individuare se le mie parole fossero vere.
“ Perché mai? È bellissima, intelligente e ti ha appena preso a calci in una stanza piena di occhi curiosi. È una tosta”
“ Oh no, no ho capito cosa stai cercando di fare e cara la mia Sophia ti assicuro che non è disponibile per te” lei esplose in una dolce risata che mi fece intendere che la sua voglia di ammazzarmi era diminuita.
“ Lo dici solo perché interessa a te” alzai gli occhi al cielo e le urlai di andare a farsi fottere mentre uscivo da quella stanza con le sue risa di sottofondo.
***
Beatrice
Strinsi le braccia al petto riparandomi dal freddo di una Domenica d’autunno, vagavo per le vie della città caotica e brulicante di persone. Il vocio del chiacchiericcio mi aiutava a non pensare o quanto meno a zittire le voci vorticanti nella mia mente.
Non avevo più versato lacrime e il dolore del ricordo di mio padre era rilegato nel mio cuore ma la rabbia verso Samuel, quella, non era mai scemata.
Ero a conoscenza delle sue doti di umiliazione ma in quell’occasione aveva toccato il fondo. Aveva messo a repentaglio la sua intera messa in scena solo per colpirmi e anche se in quella battaglia ebbi la meglio non riuscivo a smettere di pensare alle sue parole ciniche. Che ci credesse davvero?
Mi guardai attorno e mi resi conto che non sapevo dove fossi e per quel motivo anche se a malincuore dovetti accendere il telefono per chiamare un taxi. Le notifiche delle chiamate intasarono il telefono e mi venne voglia di gettarlo nel primo tombino disponibile. Lo schermo si illuminò e nonostante tutto risposi.
“ Tu non hai la minima idea di cosa voglia dire volere della privacy, non è così?
“ E tu non hai la minima idea di cosa voglia dire affrontare le situazioni dato che scappi di continuo”
“ Non ci sarebbe stata una situazione se tu non l’avessi creata Samuel” il silenzio all’altro capo mi fece intendere che anche lui la pensasse come me.
“ Dove sei?” mi guardai attorno
“ Non ne ho la minima idea” sentii uno sbuffo
“ Mandami la posizione, ti vengo a prendere”
“ Preferisco prendere un taxi”
“ Cristo Beatrice! Dobbiamo parlare, dimmi dove sei” scandì le parole con un tono agitato
“ Addio Samael” attaccai, ancora in collera. La sua richiesta di dialogo mi fece ridere, non aveva diritto di dirmi nulla, non dopo aver fatto una scenata cercando di abbattermi.
Decisi di prendere la metro fino al punto più vicino all’hotel ma dovetti comunque passeggiare per venti minuti prima di raggiungere l’edificio.
“ Beatrice!” incrociai Sophia nella hall, come sempre impeccabile e composta con il suo tailleur blu cobalto.
“ Sophia, tutto bene?” sembrava agitata e decisamente di fretta
“ Cara, se andasse tutto bene non sarei così di fretta” le sue mani svolazzarono gesticolando in modo esagerato
“ So che è stato tutto un casino, mi dispiace io..”
“ Oh, per quello ho già messo in riga Samuel” sgranai gli occhi immaginando una scena in cui Sophia mettesse in riga il demonio.
“ Non fare quella faccia stupita Bi, Samuel mi paga lo stipendio ma lui dipende da me e dal mio lavoro mentre io dipendo da te, quindi se farà qualche altra stronzata per farti fuggire lo uccido con le mie mani” mi chiesi il motivo per cui quella donna stesse dalla mia parte, se Samuel avesse detto la verità era lei la donna delle email. Se avesse scoperto la mia identità? Sarebbe stata la fine dei giochi.
“ Io non sono fuggita da lui…” abbassai lo sguardo temendo il suo giudizio.
“ Non è quello che penso, ad ogni modo basta giochetti, se avete qualcosa da chiarire è meglio che lo facciate prima di domani” alzai il capo guardandola confusa.
“ Pensavo che il nostro soggiorno terminasse oggi”
“ Domani ci sarà la tavola rotonda con i romanzi più in voga del momento, ed Emilia è stata invitata” sbiancai alla notizia. Pensavo che quel pomeriggio fosse stato sufficiente almeno per dei mesi, di certo non mi sarei aspettata una comparsa dopo meno di ventiquattro ore.
Sophia, tremendamente in ritardo, mi lasciò senza ulteriori notizie inducendomi a parlare con la persona a cui, se avessi avuto possibilità, non avrei rivolto nemmeno lo sguardo.
Bussai alla porta della sua camera più volte senza ricevere risposta, riprovai un ultima ma anche quella volta ricevetti silenzio. Mi accasciai con la schiena sulla porta e dopo pochi secondi mi ritrovai con il sedere dolorante e davanti delle scarpe nere lucide.
“ Bea!” alzai lo sguardo e degli occhi celesti mi guardavano dall’alto
“ Ma ti sembra il caso di aprire la porta in quel modo!?” toccai la mia parte dolente prendendo il braccio dell’uomo per alzarmi.
“ Sei tu che hai scambiato la porta per una sedia”
“ Perché pensavo non ci fossi!” mi imbronciai mentre lui sorrise guardandomi in modo strano
“ C’è qualcosa che non va?”
“ Sei venuta qui di tua spontanea volontà” mi guardai attorno, la sua camera era diversa dalla mia, leggermente più grande con colori accesi e caldi. Il letto al centro della stanza era sfatto con lenzuola sgualcite.
Riportai su di lui lo sguardo,“ Sophia mi ha parlato di domani” lui si alzò recuperando il telefono sul comodino
“ Ti ho mandato il programma per email, non sarà niente di preoccupante solo un paio di sorrisi qualche battuta e un cenno al libro” annuii torturando le mie mani con nervosismo.
Guardai Samuel sedersi sul bordo del letto e poi battere la mano su un punto accanto a lui invitandomi a sedere.
“ Vorrei parlare di quello che è successo” alzai gli occhi al cielo e accettai il suo invito sedendomi accanto a lui “ Sei l’unico uomo che ha voglia di risolvere le situazioni parlando” mi guadagnai una sua risata
“ Non è questo che fanno gli uomini di solito, preferiscono sorvolare sulle situazioni difficili” feci spallucce
“ Hai conosciuto tanti uomini?” alzò un sopracciglio con un sorriso sghembo. Pensai agli uomini della mia vita e paurosamente mi resi conto che si contavano sulle dita di una mano.
“ No, non molti. Ma Stef vale per dieci” il suo sorriso svanì di colpo
“ Non ho ancora capito cosa sia lui per te” un padre,un fratello, un amico.
“ La mia famiglia, da quando mio padre è morto ” fissai un punto sul pavimento che in quel momento divenne interessante.
“ Non sapevo di tuo padre, mi dispiace…” vidi compassione sul suo volto e il dolore che avevo accantonato ritornò
“ Era un poliziotto, sono i rischi del mestiere”
“ E tua madre?” mi voltai e l’astio che provocava in me la donna fu palese ai suoi occhi
“ Cos’è un interrogatorio?” lui sospirò poggiando la sua grande mano sulla mia
“ Voglio solo conoscerti meglio Bi” scostai la mano rifugiandola tra le mie cosce
“ Avresti potuto farlo bene in tre anni” nonostante fossi adirata con lui e il suo comportamento in quel momento, con quell’espressione angelica il demonio stava rivelando la sua vera essenza di bontà.
“ Godi nel ricordarmi il mio caratteraccio vero?” ridacchiai spintonandolo
“ Adesso tocca a te Bi, chiedimi quello che vuoi” lo guardai ridendo e lui aggrottò la fronte confuso
“ Conosco tutto di te De Luca”
“ Oh ma davvero? Allora prego mi faccia un resoconto del signor De Luca” i miei occhi brillarono e iniziai con una carrellata di aspetti di cui probabilmente nemmeno lui era a conoscenza.
“ Hai la fissa per le matite”
“ Non ho la fissa per le matite”
“ Oh si invece, nel tuo studio si contano almeno trenta matite tutte perfettamente temperate e ordinate nel cassetto, il che è strano dato che il tuo è un disordine cronico.”
Samuel mi guardava sconcertato dalle rivelazioni e ogni piccola fissa che gli rivelavo negava le sue ossessioni.
“ Abbini sempre la cravatta rossa con il completo blu ma se lo metti con la camicia azzurra preferisci la cravatta blu. Non mangi il pomodoro, sei allergico alla puntura di ape e non hai mai e dico mai fatto una lavatrice in vita tua”
“ Ok va bene hai vinto! Conosci anche le mie prestazione sessuali?”
“ So che fai sesso protetto” Samuel sgranò gli occhi
“ Ho ritirato le tue ultime analisi” feci spallucce mentre lui sgranò gli occhi stupito del fatto che di gran parte della sua vita mi occupavo io da ben tre anni.
“ Tu, donna, sei pazza e io ho bisogno di bere dopo questa conversazione” il suo telefono squillò e la sua espressione serena cambiò di punto in bianco. Fu alla pronuncia delle sue prime parole che mi resi conto del motivo.
“ Mariavittoria” mi alzai dal letto e nonostante lui mi facesse gesti per restare, rimanere lì sarebbe stato valicare un confine ben netto.
Lasciai la stanza facendo il minor rumore possibile e mi avviai al piano di sotto con un sorriso smagliante.
***
Feci una doccia calda che mi permise di recuperare le forze perse in quella giornata frenetica. Avevo litigato con Samuel e quella non era una novità ma di certo lo fu parlare subito dopo. Ripensai alla conversazione e anche se in effetti di problemi non se ne risolse nemmeno uno, ero felice. Discutere con lui era estenuante e per quanto non lo volessi ammettere anche eccitante, ma sentire le sue battute e la sua risata era nuovo e tremendamente affascinante.
Samuel mi aveva invitata a cena quella sera ma mi ritrovai costretta a declinare la sua offerta. Vidi il telefono sul comodino illuminarsi e ancora avvolta nel candido asciugamano mi precipitai verso di esso.
> sorrisi come una ragazzina
>
>
>
> sentii un tonfo alla porta che mi fece balzare per lo spavento. Corsi alla porta e mi accorsi che Samuel aveva davvero ordinato la cena, sorrisi cordiale al ragazzo e portai dentro il carrello.
Su quel vassoio c’era decisamente più di quanto il mio stomaco avesse retto ma il suo pensiero mi fece commuovere.
> ormai era diventato un gioco destreggiarsi tra nomignoli
>
>
>
il mio cuore batteva impazzito incapace di arrestarsi. Rilessi il messaggio per essere sicura del suo significato, ma quelle tre parole erano inconfondibili. Mi sentii come una falena attirata da una luce inspiegabilmente calda; quel confine che mi separava dalla folgore si stava assottigliando e se fosse sparito del tutto, non avrei più battuto le mie ali.
***
Da ore le mie orecchie si riempivano di inutili sciocchezze, non credevo possibile che quelle fossero vere autrici. Di stereotipi maschili nelle mie letture ne avevo viste tante ma quando sentii quella donna leggere un passo del suo libro in cui l’uomo diceva alla donna
> mi sentii allo zoo.
Samuel scappò da quell’inferno alla prima lettura e io avrei preferito vagare nel Limbo piuttosto che stare a sentire un altro “modo perfetto per descrivere l’orgasmo”
“ Emilia tu che ne pensi?” trattenni il fiato, non sapevo minimamente di cosa stessero parlando.
“ Sono d’accordo con voi” sorrisi educatamente e tirai un sospiro di sollievo quando tornarono a parlare tra loro.
Dopo due infinite ore potei uscire da quell’inferno.
Aspettai Samuel fuori dallo stabile, ma di lui nessuna traccia. Il freddo era pungente a Milano e mi strinsi attorno al mio cappotto cercando di ripararmi. Le auto mi sfrecciavano davanti e ogni qual volta una si avvicinava mi sporgevo per vedere se fosse una Mercedes nera.
“ Aspetti qualcuno?” mi voltai di scatto e vidi un uomo sorridermi cordiale. Nonostante in genere non avessi molta voglia di conversare dopo due lunghe ore di soli sorrisi mi occorreva dar sfogo alle mie corde vocali.
“ Già, ma credo si sia dimenticato di me”
“ Non credo sia possibile, ma posso darti un passaggio se vuoi” le mie labbra si mossero ma la voce che ne uscì fu maschile e tuonante.
“ No, non vuole” Un demone dagli occhi furenti troneggiava al mio fianco. L’uomo bruno di fronte a me fece un sorrisetto e inarcò un sopracciglio, colpito da quell’entrata in scena.
“ Non sapevo fosse la tua ragazza Sam”
“ Io non..” Samuel mi strinse così forte da togliermi il fiato.
“ Non preoccuparti Gab” i due uomini battagliavano con lo sguardo e io mi sentii confusa da quello scontro titanico
“ Voi due vi conoscete?”
“ Gabriel Puccini, è un piacere conoscerti” mi tese la mano e nonostante lo sguardo di Samuel bruciasse la mia educazione ebbe la meglio
“ Beatrice Mancini” lui mi guardò storto
“ Credevo ti chiamassi Emilia” quello fu il primo errore madornale della mia finta carriera.
“ Emilia è uno pseudonimo” Samuel venne in mio soccorso salvandomi dall’annegamento.
“ Capisco… beh preferisco Beatrice “ gli sorrisi imbarazzata
“ Bene adesso noi andiamo, è stato un piacere Gab”
“ Si anche per me, spero di vederti presto Beatrice” strinse l’occhio abbozzando un sorriso da rubacuori mentre Samuel mi spingeva via ringhiando.
Stringeva il volante con forza e la sua postura era rigida.
“ Mi spieghi cosa diavolo ti è preso?”
“ Gabriel gestisce la SUD.AKO” compresi la ragione di tutto quell’astio. La SUD.AKO era la seconda maggiore casa editrice della Toscana e da sempre cercava di soffiare alla De Luca il primato.
Non continuai a conversare preferendo appoggiare la testa al finestrino e godermi il viaggio.
***
Dopo il pranzo tornammo in hotel dove avremmo ritirato i bagagli prima di far ritorno a Firenze.
Samuel mi aspettava all’ingresso e fui stupita dal non vedere Sophia.
“ Sophia aveva delle faccende da risolvere, è partita questa mattina” annuii distratta dall’idea di dover trascorrere due ore in macchina con lui.
Dopo i primi quindici minuti ero già così agitata da muovermi di continuo sul sedile guadagnandomi delle occhiate torve da Samuel.
“ Mi stai facendo venire il mal di mare Bi” sbuffai e accesi la radio sorprendendomi nel udire la melodia.
“ Ti piace la musica classica?”
“ Credi non possa essere un tipo da musica classica?”
“ Credo sia difficile trovare qualcuno che l’ascolti”
“ Ne hai trovato uno” sorrisi e mi accasciai sul finestrino abbandonandomi alle note di Chopin.
Mi svegliai non appena l’auto si fermò. Mi stiracchiai e vidi che mi trovavo proprio davanti casa mia.
“ Siamo arrivati!”
“ Sei perspicace appena sveglia”
lo colpii sulla spalla sorridendo. Samuel mi aiutò con i bagagli scortandomi fino alla porta d’ingresso. La Malinconia mi colpiva ad ogni passo, per tre giorni De luca era stata una presenza fissa mentre adesso lui sarebbe tornato nella sua villa e io nel mio appartamento. Il giorno seguente ci saremmo visti a lavoro, mi avrebbe dato degli ordini e tutto sarebbe tornato alla normalità finché Emilia non avrebbe dovuto fare un viaggio o un apparizione.
“ Grazie per essere salito fin qui”
“ È compito mio portare le valigie” lo guardai sconcertata ma poi capii il suo gioco
“ Ah-ah-ah molto divertente Samael”
“ Vedere la tua faccia mentre sentivi quella roba, quello sì che è stato divertente Beatrice”
la sua figura si avvicinava lentamente mentre la mia, arretrando, toccò la parete. Le sue mani si poggiarono sul muro ai lati del mio viso.
“ Cerchi sempre di essere perfido” era così vicino da sentire il suo respiro
“ Sono il demonio non ricordi?”
“ Credo di non esserne più tanto sicura”
“ Allora lascia che te lo ricordi” non mi diede scampo, mi braccò alla parete baciandomi con foga. Gli ansiti riempirono il pianerottolo incuranti di un possibile inquilino che facesse ritorno alla sua dimora.
Samuel mi spinse in casa ma io feci resistenza cercando di spingerlo via.
“ Non ribellarti a me Sherazad” mi sciolsi tra le braccia del mio aguzzino e le mie labbra continuarono a baciare le sue in un connubio passionale. Mi trascinò fino alla mia stanza e mi schiacciò alla parete accanto alla porta dove continuò la sua danza idilliaca. Quando si staccò il mio respiro era corto e i suoi occhi infuocati, mi sollevò come fossi piuma e mi trascinò dentro. Mi sentii come Dante alle porte dell’inferno.