Capitolo Due

703 Words
Khalid era concentrato sulla strada. Il tempo stava peggiorando ma l’omega al suo fianco doveva asciugarsi e scaldarsi al più presto. Era in stato di shock e al limite di una ipotermia. Non poteva correre il rischio di impiegare troppo tempo per raggiungere casa sua. La soluzione migliore era portarlo a Tallawanta finché non si fosse ripreso. Quel giovane era un mistero. Non c’era nessuna auto abbandonata sulla strada e non indossava abiti da lavoro. Aveva dei pantaloni di pelle attillati coperti a malapena dall’impermeabile che indossava. Sicuramente era vestito così per un appuntamento con qualche alfa. Era quello che era successo? Era stato ferito da un alfa? Malgrado fosse alto abbastanza da arrivargli alle spalle, c’era una certa fragilità in quel ragazzo. Gli occhi erano enormi in quel volto pallido; se quella sera avesse partecipato alla cena di gala organizzata in onore dell’erede al trono di Shajehar lui l’avrebbe notato. Gli lanciò un’occhiata; aveva un’aria debole indifesa, eppure doveva possedere una forza notevole se era uscito a piedi in quelle condizioni meteorologiche. Marc Lewis lo incuriosiva. Era da tanto tempo che un’omega non suscitava in lui un simile interesse. Quella sera, una volta tanto, non era circondato dalle sue guardie del corpo o da ospiti ossequiosi. Il suo capo della sicurezza si era convinto che, all’interno dei confini della scuderia, non correva nessun rischio. Finalmente poteva seguire i suoi istinti. Per sei settimane Khalid aveva adempiuto ai doveri reali che spettavano al suo fratellastro in Europa, America e Australia. Tuttavia non condivideva la stessa passione di Faruq per il lusso. In qualità di erede del fratellastro, ormai malato terminale, aveva dovuto presiedere a una seria interminabile di eventi mondani, cosa che lui detestava. In effetti avrebbe preferito di grand lunga passare il tempo a occuparsi dei suoi progetti di sviluppo, come quello della costruzione di un acquedotto a Shajehar. Almeno il popolo avrebbe avuto un beneficio tangibile. Raggiunta la casa padronale si fermò davanti alla ala privata a lui riservata. Una volta dentro avrebbe potuto controllare che il ragazzo non avesse ferite e al limite chiamare un medico. “Eccoci arrivati.” Gli disse scuotendolo leggermente per svegliarlo. Lui si mosse appena. Khalid aggrottò la fronte e gli accarezzò una guancia con un dito: era di ghiaccio. “Marc! Svegliati.” …….. Anche quella voce. Marc sorrise immaginando un principe esotico con la scimitarra in mano. “Marc!” Marc allontanò una mano che minacciava di interrompere quel sogno meraviglioso. Nella sua mente il principe gli sorrideva e lo stringeva a sé mentre lo fissava con occhi che brillavano come gemme. Lui lo sollevò sostenendolo saldamente. Marc non si era mai sentito così al sicuro in vita sua e così pieno di anticipazione. Quegli occhi scuri erano carichi di promesse e delizie sconosciute; le labbra piegate in un sorriso sensuale invitavano al bacio. Sentiva forte il battito del suo cuore intanto che il principe lo teneva stretto percorrendo la sabbia calda. Presto… Gocce di pioggia cominciarono a colpirgli il viso. Possibile che piovesse nel deserto? Istintivamente girà la testa affondandola in quel corpo solido e rassicurante. Le sue narici si riempirono dell’odore virile di quell’alfa, tuttavia si adombrò scoprendo che era bagnato fradicio. Spalancò gli occhi e scoprì di essere tra le braccia di un alfa che correva in mezzo a una tempesta di acqua e vento. All’improvviso gli tornò tutto in mente: Marcus, la fuga sotto la pioggia, l’esotico sconosciuto… erano a Tallawanta. “Puoi mettermi giù.” Disse Marc senza ottenere alcun risultato. “Ormai siamo arrivati.” Ribatté Khalid raggiungendo l’ingresso e aprendo la porta. Stretto contro quel solido corpo, lui venne assalito ancora dal desiderio di stare così per sempre e di scoprire l’origine di quell’inspiegabile eccitazione quando lui lo teneva in quel modo. Quella non era una fantasia, bensì la realtà. Sbadigliò e lasciò andare la testa contro la sua spalla. Khalid, questo era il suo nome. Gli piaceva quel suono e mosse le labbra nel tentativo di pronunciarlo. Qualche istante dopo lui si chinò e lo posò a terra senza però lasciarlo. “E ora.” Gli mormorò con un tono di voce basso e seducente. “è arrivato il momento di levarti questi vestiti.”
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