Capitolo Due

1736 Words
“Così me ne sono andato.” Concluse Kurt rivolto a Stuart. “Non è stata colpa sua ma è evidente che ci aspettavamo due cose diverse.” Chiuse gli occhi, infelice. “Povero, Kurt.” Tristan era arrivato in tempo per sentire l’ultima parte del discorso e sedutasi sulla panca di quercia si rivolse a lui con voce carica di simpatia e comprensione. “Ci avevi contato molto su quel bastardo, vero?” “Non è un bastardo.” Si affrettò a difenderlo Kurt con convinzione. Anche se rivedeva ancora lo sguardo contrito e le sue confuse proteste, era come se avesse lasciato quella stanza senza nemmeno salutarlo. “Non è stata colpa sua.” Non avrebbe mai ammesso che lui fosse da biasimare. Non aveva certo colpa se non contraccambiava il suo amore. “Semplicemente, ero solo io ad amare. Succede e non è colpa di nessuno. Lui non hai mai capito…” Non aveva mai capito che stava giocando con i sentimenti di un ragazzo omega vulnerabile, impulsivo e risoluto e che purtroppo non riusciva a non amarlo. “Beh…” riprese Tristan con maggior tatto, “Forse è successo troppo in fretta. Per queste cose ci vuole tempo… forse per lui ancora di più.” “Può darsi che si rifaccia vivo.” Intervenne Stuart, speranzoso. “Adesso lui sa che cosa provi.” Kurt scosse la testa lentamente. Anche se l’avesse chiamato che cosa avrebbe potuto dirgli? Che era spiacente? Che sperava che potessero restare amici? Comunque, non avrebbe chiamato. Ormai era chiaro, anche se gli costava molto ammettere di non essere stato per lui abbastanza importante da fargli desiderare in ogni caso la sua amicizia. Gli era servito da passatempo e gli aveva ricordato i primi amori, quando era ancora uno sconosciuto, nient’altro. Era stato Kurt il pazzo a illudersi. Un pesante silenzio cadde fra i tre uomini che rimasero a osservare gli ultimi raggi del sole ormai al tramonto. D’un tratto, e con sollievo, sentirono la voce di Seth che si aggirava in cucina. “Nessuno là fuori vuole una birra?” gridò l’amico. Stuart rispose di rimando. “Magari un’aranciata.” Ma sia Tristan che Kurt scossero la testa in segno di rifiuto. “Un’aranciata sola.” Precisò Stuart. Ci volle ancora qualche minuto prima che Seth apparisse sulla soglia con una bottiglia di birra in una mano e la lattina di aranciata nell’altra. Indossava la sua tenuta da fine settimana, una maglietta blu stinta e un paio di jeans tagliati alla coscia e altrettanto stinti. Si sarebbe detto che quella sera non avesse intenzione di uscire. Passò la bibita a Stuart e poi guardò Kurt sorpreso. “Quale luce passa attraverso quella finestra laggiù?” citò in tono melodrammatico. Aveva scelto di salutarlo con versi di Shakespeare, forse come sottile allusione al fatto che Kurt aveva una relazione con un attore. “è l’oriente, e Giulietta ne è il sole!” “Dacci un taglio Seth.” L’interruppe Tristan. “Ha avuto una brutta giornata.” Lui rivolse a Kurt uno sguardo interrogativo mentre gli si accomodava accanto in una sedia a sdraio, mezzo seduto e mezzo sdraiato, con le gambe nude piegate sotto la sedia e le caviglie accavallate. Kurt alzò le spalle ed evitò di guardarlo. “Continua pure.” Disse infine, rispondendo a una domanda sottintesa. “Dimmi: ti avevo avvertito. Hai ragione tu.” Ma lui non lo fece. Non era colpa di David se Kurt si era innamorato e nemmeno Seth avrebbe potuto prevederlo. Ci fu un breve silenzio, poi Seth disse in tono calmo: “Brutto colpo, bambino.” Non c’era alcuna ironia in quelle parole. “Come stai?” Kurt lo guardò con gratitudine e riuscì persino a sorridergli. Era incredibile la sottile trasformazione di atmosfera quando si trovavano tutti insieme. Nessun problema sembrava più così insormontabile. Si trattava di qualcosa, Kurt ci aveva pensato spesso, che doveva avere le radici nella loro precedente vita familiare. Ognuno di loro era perfettamente in grado badare a sé stesso e insieme era i migliori amici del mondo, ma di fatto si rivolgevano a Seth per un appoggio e una guida. Lui era il pilastro su cui si reggeva la loro strana famiglia e tutto andava per il meglio appena papà tornava a casa. Questo pensiero lo fece sorridere di nuovo, nonostante la disperazione che provava, e si chiese come l’avrebbe presa Seth se avesse saputo di essere considerato un papà. Se fosse stato di buon umore lo avrebbe preso in giro e avrebbe cercato di fargli perdere le staffe. “Seth.” Stuart con fare distratto lo chiamò per avvertirlo che stava per aprire la lattina. Un’altra cosa diventata talmente quotidiana che nessuno di loro ci faceva più caso. Seth aveva un’insolita sensibilità ai suoni, ai rumori improvvisi che a volte lo facevano reagire con violenza. Era arrivato al punto di litigare con Kurt durante la prima settimana di permanenza in quella casa dopo che lui, senza volerlo, aveva tirato il gancio di una lattina e l’aveva poi fatta cadere rumorosamente nel lavandino. Gli era saltato praticamente alla gola. Kurt allora gli aveva detto che gli ricordava un cane da caccia che teme gli spari e quello era stato il loro primo litigio, ma subito dopo lui gli aveva chiesto scusa in modo così dolce che la loro amicizia ne era uscita ancora più rafforzata. E infatti Kurt era quello che riusciva a capire meglio di chiunque altro quella sua strana idiosincrasia. Era l’unico, oltre a Seth, a considerare il brusio di una stazione radio non perfettamente sintonizzata insopportabile come un’unghiata sulla lavagna e che riuscisse a individuare il minimo squilibrio tra le casse stereo. Un televisore a tutto volume lo faceva saltare per aria e forse era proprio per questa sua sensibilità che erano diventati tanto amici. Tutti, comunque, avvisavano sempre Seth quando stavano per aprire le lattine, si sinceravano che non fosse in casa prima di fare scoppiare dei palloncini durante le loro festicciole e non ridevano nel vederlo saltare in aria e imprecare per un ritorno di fiamma di un’automobile. A sua volta lui era comprensivo quando Stuart aveva una delle sue frequenti crisi depressive o quando Tristan, noto per la sua distrazione, gettava un cucchiaio nel sacco della spazzatura, o quando Kurt, pessimo cuoco, lasciava bruciare un arrosto. Stuart aprì la bibita e Seth sorseggiò la birra. Tristan ripose i bicchieri e si passò le dita fra i capelli soffici, poi tutto si misero a loro agio per rilassarsi un po'. In genere, quello era il momento della giornata che Kurt preferiva. Dopo otto ore di lavoro e prima degli impegni serali. Era allora che parlavano e discutevano dei rispettivi problemi o semplicemente godevano la compagnia l’uno dell’altro. Quel giorno, tutto quello che desiderava era di essere lasciato in pace per cercare di classificare le proprie emozioni, circondato dalla confortante presenza degli altri che, accortasi del suo stato d’animo, non tentarono nemmeno di coinvolgerlo nella conversazione. Stuart aveva dei problemi non ben definiti all’agenzia dove lavorava. Tristan, in quel periodo, stava ammazzandosi di lavoro per ottenere una promozione che gli sarebbe spettato di diritto già da alcuni anni, Seth invece aveva preoccupazioni sindacali. Kurt ascoltava distrattamente mentre con la mentre riandava al momento del suo arrivo in quella casa, tre anni prima. Per ironia della sorte se ne era andato dalla sua città natale in seguito a una delusione sentimentale. Aveva fatto domanda a tutte le scuole del paese, desideroso di cambiare ambiente e deciso a concludere qualcosa di positivo nella sua vita per sfuggire la premurosa sorveglianza della famiglia e la propria cittadina, in cui tutto gli ricordava la sua prima storia d’amore finita piuttosto male. Le due offerte più Interessanti gli erano giunte insieme, una dalla Nuova Scozia e l’altra da Los Angeles. Gli studenti si equivalevano e per scegliere era più o meno ricorso al lancio della monetina. Ma subito si era ricordato di Stuart, suo compagno di camera al college, e gli aveva scritto per chiedergli delucidazioni sulla cattiva reputazione di Los Angeles che lo spingeva a preferire le gelide spiagge della Nuova Scozia. La lettera di Stuart era stata talmente entusiasta che era riuscito a convincerlo. Non solo il vecchio compagno viveva in una specie di paradiso, con un tenore di vita decisamente superiore al suo, ma aveva una casa fantastica a Topanga Canyon, la zona più bella di tutta la California del Sud, e, lui e i suoi amici, erano alla ricerca di un nuovo inquilino. Era evidente che se avesse optato per la Nuova Scozia, Kurt avrebbe perso l’occasione della sua vita. Stuart aveva trascurato di precisare che uno degli abitanti della casa era un alfa, fino al momento in cui era venuto ad accoglierlo all’aeroporto. Durante tutto il tragitto fino al Canyon, Kurt non aveva fatto altro che convincersi che in fondo non faceva alcuna differenza. Stuart lo rassicurò che Seth non era il solito alfa che impazzisce alla vista di un omega, e lui conosceva l’amico troppo bene per dubitare della sua parola. Stuart aveva continuato a spiegargli che non avrebbe mai trovato un appartamento simile a quel prezzo, data la perenne mancanza di alloggi. Una sistemazione come la loro non era affatto insolita. Perfino le coppie sposate dividevano la casa con altri, perché soltanto in quattro persone, e tutte con un lavoro, era possibile pagare gli affitti altissimi richiesti e riuscire a mettere magari qualche soldo da parte. Seth aveva comperato la casa con un mutuo e, anche se poteva permettersi di pagare le rate, aveva creduto meglio, dato che la casa era sufficientemente grande, dividerlo con qualcuno e concedersi una vita più agiata. Così aveva accolto Stuart, Tristan e un altro ragazzo che in seguito si era sposato. L’assenza del terzo contributo aveva pesantemente influito sulle loro finanze, poiché la casa veniva gestita quasi come una cooperativa. Perciò speravano tutti che Kurt avrebbe deciso col restare. Kurt era indeciso. Aveva ventiquattro anni, a quel tempo, e non aveva mai vissuto con un alfa che non fosse suo padre, sebbene in quell’ultima occasione vi fosse andato molto vicino. Ai suoi genitori sarebbe venuto un colpo. L’avevano già avvertito sul tipo di vita dissoluta tipica della California del Sud, e facendo quella scelta avrebbe dato loro ragione. Un omega, due beta e un alfa nella stessa casa! Si chiese come mai il povero Seth non avesse preferito compagni alfa.
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