Capitolo 2

840 Words
Clarence guidava lungo la strada deserta, il motore dell'auto rombava nell'aria gelida della notte. Al suo fianco, il ragazzo dagli occhi azzurri sedeva in silenzio, lo sguardo fisso fuori dal finestrino. Non aveva detto una parola da quando erano saliti in macchina, e Clarence non riusciva a distogliere lo sguardo dal suo profilo perfetto. Quegli occhi lo avevano incantato fin dal primo istante. Da quando, dieci anni prima, un portale lo aveva trascinato in quel mondo, nulla era riuscito a scuoterlo o attrarlo come quel giovane sconosciuto. Sentiva un desiderio crescente di sfiorare ancora una volta quelle labbra, di sentire la loro dolcezza, ma sapeva di non poter cedere. Ora non era più solo la sua vita in gioco, ma anche quella del ragazzo. "Ehi, ragazzino, perché ti trovavi in quel posto?" chiese infine, spezzando il silenzio. Il ragazzo si girò di scatto, irritato. "Smettila di chiamarmi ragazzino! Ho un nome anch'io." Clarence rise, divertito dalla sua sfacciataggine. "Allora, vuoi dirmelo?" L'altro incrociò le braccia e scosse la testa. "E perché dovrei? Non mi fido di te, sembri un delinquente." La risposta fece sorridere Clarence, che con un gesto distratto spostò una ciocca bionda dal viso. Fu in quel momento che il ragazzo notò il tatuaggio sul suo braccio. "Quella è una runa?" domandò incuriosito. "Sì, perché me lo chiedi?" "Il migliore amico di mio fratello ha le braccia piene di rune come le tue." Quelle parole fecero scattare Clarence sull'attenti. Se quell’amico era una Shandowhunters, allora il ragazzo proveniva dal suo stesso mondo. "Aspetta, tu conosci gli Shandowhunters?" Il giovane lo guardò confuso. "Non so di cosa stai parlando." Clarence aggrottò la fronte. "Eppure, tuo fratello ha un amico con i miei stessi tatuaggi. Come si chiama?" "Robin Lightwood Bane." Il nome colpì Clarence come un fulmine. Frenò bruscamente l'auto e si voltò verso il ragazzo, che si ritrasse allarmato. "Tu conosci Robin?" domandò con urgenza. Il ragazzo lo osservò a lungo, sospirò e poi annuì. "Non io, mio fratello Riccardo." "Aspetta... tuo fratello è Riccardo Salvati?" chiese Clarence, incredulo. "Sì. Perché me lo chiedi?" "Quindi tu sei uno dei gemelli?" Continuò lui, studiandolo con attenzione. L’altro lo fissò, come se cercasse di capire come facesse a sapere così tanto sulla sua famiglia. "Sì." "Allora sei Carlos Salvati, il ragazzo che vede il futuro." Carlos impallidì e abbassò lo sguardo. Clarence, senza pensarci, gli accarezzò i capelli corti. Quando il giovane sollevò la testa, Clarence si lasciò guidare dall'istinto e premette le labbra sulle sue. Carlos cercò inizialmente di allontanarsi, ma poi, con un po' di esitazione, rispose al bacio, permettendo alla lingua di Clarence di esplorare la sua bocca. Era il suo primo bacio. Impacciato, incerto, ma allo stesso tempo entusiasta. Si ritrovò a intrecciare le dita tra i capelli di Clarence, cercando di seguirne il ritmo. Quando l’altro si staccò, si passò una mano tra i capelli e sorrise con aria colpevole. "Scusa, ho perso il controllo. Ma quando ti sei chinato, eri troppo carino." Carlos si infuriò e gli sferrò un pugno sul braccio. "Perché cerchi sempre di baciarmi? La prossima volta ti prenderò a calci!" Clarence gli afferrò la mano per impedirgli di colpirlo ancora e con un rapido movimento lo avvicinò a sé. "Dolcezza, sei una tentazione incredibile. Ogni volta che ti guardo, voglio baciarti." Carlos si allontanò di scatto, arrossendo fino alla punta delle orecchie. Come poteva essere così sfacciato? Rimase in silenzio per un'ora, il pensiero ancora fisso su quei baci rubati. Quando arrivarono al rifugio, Clarence spense l’auto e scese. Carlos lo seguì, trovandosi di fronte a una caverna. All'interno l’arredamento era spartano: l’unico oggetto degno di nota era un letto a due piazze nell’angolo più profondo. Clarence accese un fuoco e si voltò verso di lui. "Vieni, devi scaldarti. Qui non esistono stagioni calde." Carlos si avvicinò e si sedette accanto al fuoco, mentre Clarence afferrava una lancia e un coltello. "Vado a cercare qualcosa da mangiare. Resta qui e non uscire." Carlos sbadigliò, sopraffatto dalla stanchezza. Decise di sdraiarsi solo per un momento sul letto, ma finì per addormentarsi subito. Quando Clarence tornò con la preda, lo trovò profondamente addormentato. Si avvicinò e lo osservò a lungo, affascinato dalla sua bellezza. Dieci anni di solitudine lo avevano reso vulnerabile al fascino di quel ragazzo. Tornò ai suoi compiti e si mise a cucinare, ma l’odore del cibo finì per svegliare Carlos, che si avvicinò ancora mezzo addormentato. Clarence dovette distogliere lo sguardo per non perdersi nei suoi occhi sonnolenti. "Ehi, ragazzino, hai fame?" Carlos sbuffò e rispose con tono irritato: "Certo che ho fame, è ora di pranzo." Clarence sorrise e gli porse un pezzo di carne, che Carlos divorò in pochi morsi. Poi lo guardò fisso e chiese: "Dato che tu sai il mio nome, mi sembra giusto sapere il tuo." Clarence gli tese la mano, che Carlos strinse con esitazione. "Mi chiamo Clarence Herondale. È un piacere conoscerti, Carlos Salvati." Dopo le presentazioni, continuarono a mangiare, ignari di quello che il destino aveva in serbo per loro.
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