Il sole splende nel cielo, un disco d'oro infuocato,
Nel mare placido danzano i suoi riflessi, tremuli e dorati.
Un sussurro attraversa l'aria, un richiamo velato,
Dall'acqua sorgono figure, d'uomo e di pesce modellati.
Dalle loro labbra, eteree, si sprigiona un dolce canto,
Melodia antica che accarezza l'anima e scioglie ogni pianto.
…
Il tramonto stendeva sul mare un manto di fuoco liquido, trasformando ogni onda in una lamina d'ambra e sangue. Luca era immobile sulla spiaggia deserta, i piedi nudi affondati nella sabbia ancora tiepida. L'aria sapeva di sale e di promesse. Il Mediterraneo, quel pomeriggio, era una lastra di vetro levigato, capace di trattenere il bagliore del sole morente e duplicarlo in mille frammenti danzanti. Un silenzio irreale, rotto solo dal respiro lento dell'acqua, avvolgeva tutto.
Poi, come un soffio portato da un vento che non esisteva, sentì. Non un suono vero e proprio, non ancora. Piuttosto una vibrazione sottile, un'eco nell'osso e nel sangue, che risuonava dalla linea dell'orizzonte. Luca trattenne il fiato. Il cuore gli martellò contro le costole, un tamburo primordiale.
L'acqua, così calma, iniziò a incresparsi. Non per le onde, ma per movimenti sottostanti. Forme scure, sinuose, si stagliavano contro il fondale infuocato. Emergevano con grazia innaturale, rompendo la superficie con un lieve sibilo. Luca vide dapprima le spalle, larghe e lisce, poi le braccia muscolose che sembravano scolpite nella perla. E infine, ciò che li rendeva iridescenti prodigi: code potenti, rivestite di scaglie che catturavano la luce morente in bagliori di verde smeraldo, blu cobalto, argento lunare. Uomini, eppure non uomini. Metà creature della terraferma, metà figli dell'abisso.
I loro volti erano di una bellezza straniera e struggente. Occhi grandi, senza palpebre, come pozze d'oceano profondo, fissavano Luca senza paura, con una curiosità che aveva il sapore dell'antico. Capelli scuri, bagnati, aderivano a nuca e tempie. Ma fu quando aprirono le labbra che il mondo di Luca si capovolse.
Un suono fluì nell'aria. Non era un canto come lo conosceva lui. Era il sussurro della risacca tra gli scogli, il gorgoglio di una sorgente sottomarina, il crepitio delle stelle cadenti sull'acqua. Era una melodia senza parole, fatta di pura emozione, di nostalgia infinita e di una gioia selvaggia. Un dolce canto che penetrò le sue difese, sciogliendole come cera al sole. Gli parlava di profondità inesplorate, di correnti segrete, di un legame ancestrale con l'acqua che scorreva anche nelle sue vene. Luca sentì gli occhi riempirsi di lacrime non di dolore, ma di un riconoscimento profondo, smisurato.
Tra loro, uno lo fissava con un'intensità che bruciava. Più alto, con scaglie sul petto che formavano disegni intricati come tatuaggi viventi, e una coda le cui sfumature ricordavano un tramonto in tempesta. I suoi occhi, color alghe profonde, non si staccavano da Luca. Il suo canto, all'interno del coro, aveva una nota diversa. Più calda, più insistente, una domanda sospesa tra le note.
Attratto come da una calamità celeste, Luca fece un passo in avanti. L'acqua tiepida gli lambì le caviglie. Poi un altro. Le onde gli bagnarono i polpacci, le ginocchia. Il canto si fece più forte, avvolgente, una corrente sonora che lo tirava verso il largo. Non sentiva paura, solo un desiderio bruciante di avvicinarsi a quella bellezza, a quello sguardo che lo trafiggeva.
Quando l'acqua gli arrivò alla vita, la creatura si mosse. Scivolò verso di lui con un movimento fluido, la coda che creava appena un'increspatura. Si fermò a un braccio di distanza. Il suo canto si ridusse a un sussurro melodico, privato, destinato solo a Luca. Era un suono che parlava di solitudine spezzata, di un'attesa durata ere, di un legame riconosciuto in un istante.
"Chi... chi sei?" riuscì a mormorare Luca, la voce rotta dall'emozione.
La creatura sorrise. Un sorriso che illuminò il suo volto straniero di una luce tenera. Non parlò con parole umane, ma il suo sguardo, il sussurro del suo canto, dicevano tutto. Sono colui che hai sempre cercato senza saperlo. Sono il richiamo che sentivi nel sonno.
Tese una mano. Le dita erano palmate, delicate, la pelle umida e fresca. Luca esitò solo un attimo, poi vi posò la sua sopra. Il contatto fu una scossa elettrica di pura, inebriante connessione. La creatura – Marino, il nome gli balenò in mente come un'eco del canto – lo attirò a sé.
L'acqua li accolse. Luca si lasciò avvolgere, sorpreso di quanto fosse facile muoversi accanto a lui. Marino lo sosteneva con un braccio possente intorno alla vita, la loro pelle che si sfiorava sotto la superficie. Il dolce canto era diventato un ronzio intimo, una colonna sonora per il battito impazzito dei loro cuori. Gli occhi di Marino erano abissi in cui Luca desiderava annegare.
"Ti ho sentito," sussurrò Luca, le labbra vicinissime all'orecchio di Marino, dove le branchie appena visibili si aprivano e chiudevano ritmicamente. "Il tuo richiamo... dentro di me."
Marino emise un suono basso, simile a un brontolio soddisfatto. Con una leggera pressione della mano sulla nuca di Luca, avvicinò il suo volto. Il primo bacio fu un'esplosione di sale e di stelle. Le labbra di Marino erano più morbide del previsto, fresche come l'acqua profonda, ma il bacio bruciava. Era un bacio che raccontava secoli di solitudine, la gioia feroce dell'incontro, una sete impossibile da placare. Luca rispose con uguale fervore, aggrappandosi alle spalle lisce e muscolose, perdendosi nel sapore unico, nel canto che ora vibrava nel punto dove le loro bocche si univano.
Sotto la superficie, le loro gambe e la coda si intrecciarono. La coda potente di Marino lo avvolse con una forza possente ma incredibilmente delicata, le scaglie che sfioravano la pelle di Luca con una sensazione elettrica. Era un abbraccio primordiale, possessivo e protettivo. Luca sentiva ogni muscolo, ogni scaglia contro di sé, un'intimità totale e inebriante. Il mondo esterno cessò di esistere. C'era solo il calore dei loro corpi uniti nell'acqua tiepida, il sapore salato delle loro bocche, il dolce canto di Marino che era diventato un gemito basso, gutturale, carico di un desiderio che si faceva sempre più urgente.
Passioni lungamente represse, solitudini abissali e terrestri trovarono sfogo in quel groviglio di corpi nell'acqua crepuscolare. Ogni tocco era una scoperta, ogni gemito un verso aggiunto alla loro poesia silenziosa. Marino guidava con una sicurezza innata, la sua forza mitigata da una tenerezza che liquefaceva Luca. Lo scopriva, lo adorava con labbra e mani, insegnandogli il linguaggio muto delle profondità e del desiderio puro. Luca si abbandonava, rispondeva, offrendosi con un ardore che sorprendeva sé stesso, trovando nella potenza fluida di Marino la sua libertà più totale. Fu un unirsi di correnti opposte, un vortice di sensazioni che li travolse: il freddo dell'acqua contro il calore bruciante della pelle, la morbidezza delle labbra contro la ruvidezza delle scaglie, la dolcezza del canto contro la ferocia del bisogno appagato. Fu un'estasi che parve durare un istante e un'eternità, un picco di luce accecante nel cuore del tramonto, mentre le onde li cullavano e il mare, complice, custodiva il loro grido muto.
Quando l'ultimo brivido di piacere li attraversò, rimasero avvinghiati, il respiro affannoso che si confondeva con il sussurro dell'acqua. La testa di Luca riposava sul petto di Marino, ascoltando il battito del suo cuore, un ritmo profondo e regolare come la marea. Il dolce canto era tornato, ma ora era un ronzio sommesso, una ninna nanna carica di possessività e di una pace sconfinata. Era un suono che diceva: Mio. Finalmente mio.
Marino lo strinse più forte, la coda ancora stretta intorno a lui come un sigillo. Poi, con un movimento fluido, iniziò a portarlo dolcemente verso acque più profonde. Luca non oppose resistenza. Alzò lo sguardo verso il volto della creatura che lo aveva irretito e salvato. Negli occhi color abisso vide riflesse le prime stelle e un futuro senza confini, scritto non sulla terraferma, ma nelle correnti segrete dell'oceano, all'infinito ritmo del loro dolce canto. La riva si allontanava, ma Luca non guardò mai indietro. Aveva trovato la sua melodia, la sua casa, nel profondo sguardo dell'amante che lo portava verso l'ignoto, uniti per sempre dal canto più antico del mondo.
FINE