Vivo qui, nella realtà,
ma la mia mente disegna mondi irreali:
castelli di nuvole,
giardini di stelle,
amori che non sanguinano.
Vorrei credere
che nel mondo esistano ancora fiori
anziché spine,
sorrisi sinceri
anziché maschere.
Ma la certezza mi sfugge,
così mi ritiro –
murata viva
nella mia prigione di sogni,
dove almeno il dolore
ha le ali di farfalla.
…
Oneshot BL: "Oltre la Carta"
Lo studio era immerso nella penombra, la lampada da disegno l’unica fonte di luce. Ettore sfiorava il foglio con la matita, dando vita a un angelo dai capelli d’argento e occhi di zaffiro. Ariel, l’aveva chiamato. Il suo personaggio perfetto, nato dopo l’ennesimo litigio con suo padre.
"I disegni non ti daranno da mangiare, Ettore. Svegliati!"
Un rumore alla finestra lo strappò alla fantasia. Un sasso. Poi un altro.
Non è possibile.
Si affacciò. Nello stretto vicolo, illuminato solo da un lampione rotto, c’era Leo. Capelli neri intrisi di pioggia, la felpa strappata al gomito, lo stesso sorriso spericolato che gli aveva rubato il cuore al liceo.
"Che ci fai qui?" sibilò Ettore. "Hai lasciato Milano per gettare sassi?"
Leo rise, il suono che scaldò la notte. "Sono venuto a svegliarti, principino. Come facevo alle superiori, quando saltavi scuola per disegnare."
Vivo qui nella realtà, fantasticando cose non vere.
Ettore serrò le palpebre. Leo era la sua fantasia più pericolosa – quella che si era trasformata in carne e sangue, ferendolo. "Vattene. Il tuo mondo è fatto di numeri e grattacieli, il mio di..." indicò i disegni sparsi, "di questo."
"Di bugie, vuoi dire?" Leo scavalcò il davanzale con agilità, entrando nello studio. Le sue dita sporche di fango presero il volto di Ariel. "Bellissimo. Ma morto."
Ettore gli strappò il foglio. "Almeno lui non mi tradisce con il primo stronzo in giacca firmata!"
Silenzio. Poi Leo lo afferrò per i polsi, il respiro caldo sulla sua pelle. "Ti ho tradito perché avevo paura. Paura di questo." Gli premette la mano sul petto, dove il cuore batteva all’impazzata. "Di quanto mi fai sentire vivo."
Cercando di credere che nel mondo ci siano anche cose belle.
Ettore tentò di liberarsi. "Non ci credo."
"Allora ti mostrerò." Con gesto rapido, Leo strappò tutti i disegni dalla tavola luminosa. "Oggi. Ora. Ti mostrerò la bellezza vera."
…
3:17 del mattino.
Correvano nella pioggia, Leo che trascinava Ettore per le strade deserte. Si fermarono davanti a un cancello arrugginito. "Il giardino delle Orsoline. Chiuso da vent’anni."
"Perché qui?"
"Perché è reale." Leo scavalcò il cancello, tendendogli la mano.
Dentro, un caos di rovi e statue spezzate. Ma tra le erbacce, Ettore vide qualcosa: un cespuglio di rose selvatiche, i petali rossi che brillavano sotto la pioggia.
"È.… bellissimo."
Leo lo spinse contro un albero, l’acqua che gli scendeva dai capelli sul viso di Ettore. "Come te quando smetti di fingere."
Il bacio fu una rivelazione. Labbra ruvide, sapori di pioggia e verità. Ettore gemé, le dita che si intrecciarono nei capelli di Leo mentre il mondo reale esplodeva in sensazioni mai provate: la corteccia che gli graffiava la schiena, i denti di Leo sul suo collo, le mani che gli aprivano la camicia fradicia.
Ma non ne sono sicuro.
"Fermati..." supplicò Ettore, anche se il corpo spingeva incontro a Leo.
"Perché? Per tornare ai tuoi angeli di carta?" Leo gli affondò un ginocchio tra le gambe, il contatto elettrico. "Io voglio te. Non una fantasia."
Quando Leo lo penetrò contro l’albero, Ettore urlò. Non c’era dolcezza, solo bisogno crudo, pioggia che lavava via anni di menzogne. Ogni spinta era una domanda: Scegli la realtà. Scegli me.
Qui rimango chiuso nella mia fantasia.
Ma mentre l’orgasmo lo travolgeva, Ettore capì di essersi sbagliato. La realtà non era il dolore. Era questo: Leo che lo teneva stretto, il cuore che batteva all’unisono, le rose selvatiche che sopravvivevano tra le rovine.
Alba. Ettore raccolse un petalo di rosa, poggiandolo sul taccuino vuoto. Leo lo abbracciò da dietro. "Tornerò a Milano oggi stesso. Ma se mi vuoi, resto."
Ettore guardò il petalo – fragile, reale, bellissimo. Poi scrisse sulla prima pagina vuota:
Capitolo 1: La realtà è più audace di ogni sogno.
E per la prima volta, non aveva bisogno di fingere.
Fine.