Veglia nell’Oscurità

438 Words
Sola, sveglia nella stanza buia, gli altri dormono — pace nel loro respiro. Ignari di questo strazio che dilania, non sentono il mio pianto, il mio delirio. Un fragore muto nel silenzio cupo, lacrime che scavano solchi nel cuscino. Il mondo fuori è un fermo, spento gruppo… ed io affogo in questo destino. Nessuno sa. Nessuno vede. La notte inghiotte ogni mio singhiozzo spezzato. Solo il buio conosce il dolore che possiede questo cuore nell’oscurità abbandonato. Oneshot: "Lacrime nel Cuscino" Le 3:17 lampeggiavano sul comodino, numeri rossi nel buio. Elena fissava la crepa sul soffitto, ingrandita dall’ombra. Ogni respiro nella casa addormentata era un martello sul silenzio: il russare ovattato di Marco dalla stanza accanto, il lieve scalpiccio del gatto in salotto. Normalità. Pace. Lei stringeva il cuscino contro il petto, la federa di lino ormai umida e fredda. Un singhiozzo le spezzò la gola, subito soffocato nel cotone. Piangeva così, da ore. Senza suono, senza tregua. Lacrime che non pulivano nulla non portavano via la fitta al fianco, il ricordo delle parole che Marco le aveva scagliato prima di voltarle le spalle: "Sei vuota, Elena. Un eco in una stanza vuota". Fuori, la città dormiva. Una macchina passò rombando, i suoi fari proiettarono ombre danzanti sul muro, poi svanirono. Vita che andava avanti, ignara. Chi avrebbe mai immaginato che dietro quella finestra, nel calore di una casa borghese, una donna si stesse dissolvendo? S’immaginò ad alzarsi, aprire la porta, urlare fino a far tremare i vetri. "Guardatemi! Sentitemi! Non sono trasparente!". Invece restò immobile, il sale delle lacrime sulle labbra. Marco continuava a russare, un suono quasi infantile. L’amore che era stato la sua luce ora era una coperta troppo pesante, un sonno senza sogni. Un’ondata di nausea. Si portò una mano alla bocca. Il segreto più pesante non erano le lacrime, ma il test di plastica nascosto nel cassetto, le due linee rosa apparse la sera prima. La vita che cresceva dentro di lei mentre tutto intorno moriva. Chinò la testa sul cuscino zuppo. Forse, pensò, i poeti hanno ragione. Il dolore più straziante è quello che non fa rumore, quello che si consuma nel buio, nutrito dalla solitudine e dall’indifferenza altrui. Un’isola in un oceano di normalità. Quando le prime strisce grigie dell’alba sfiorarono la finestra, Elena aveva gli occhi brucianti e il cuore di pietra. Si asciugò le guance con un gesto meccanico. Marco si girò nel sonno, mormorando qualcosa. Lei trattenne il respiro. Ma lui non aprì gli occhi. La notte solitaria era finita. Il giorno sarebbe arrivato, implacabile. E nessuno, mai, avrebbe sentito l’eco del suo pianto affogato nel cuscino.
Free reading for new users
Scan code to download app
Facebookexpand_more
  • author-avatar
    Writer
  • chap_listContents
  • likeADD