CANTO NELLA PIOGGIA

446 Words
Sola, persa, nell’acqua che scende, Scivolano gemme sui miei giorni spenti. Un canto s’alza fra le acque possenti, Danza di luce che il cuore riaccende, Danza di luce che il cuore riaccende. Ascolto immota, trattenendo il vento, Mentre la pioggia mi veste d’argento. Risuona ancora quel sussurro antico, Anima ed eco d’un perduto abbraccio. Poi tace il canto, la pioggia s’invola, E un sole nuovo sboccia sopra Parola. … La pioggia batteva sui canali come mille tamburi ribelli. Andrea si riparò sotto l’arcata del ponte, i capelli bagnati che gli scolpivano il volto pallido. Aveva perso il taccuino degli schizzi nel fuggi fuggi, e con esso, la voglia di dipingere. "Ancora un fallimento", mormorò, guardando l’acqua inghiottire i colori della città. Fu allora che lo sentì. Un violino. Una melodia che tagliava la pioggia come un rasoio di seta—note basse e profonde, poi voli acuti che sembravano baciare le nuvole. Andrea seguì il suono come un richiamo. Dall’altro lato del ponte, avvolto in un cappotto logoro, un uomo suonava con gli occhi chiusi. Le dita di Marco danzavano sulle corde, creando un canto che non era triste, né felice. Era respiro. Ascolto immota, trattenendo il vento… Andrea rimase in silenzio, dimentico della pioggia che lo inzuppava. Quel canto gli scaldava il petto, sciogliendo il gelo delle sue paure. Per la prima volta da mesi, sentiva qualcosa oltre la nebbia dell’insoddisfazione. Marco aprì gli occhi. Smeraldo contro grigio. «Ti piace?» chiese, la voce roca come legno stropicciato. «È come sangue che scorre di nuovo nelle vene», disse Andrea senza esitazione. Un sorriso sfiorò le labbra del violinista. Suonarono insieme. Marco col violino, Andrea con le parole sussurrate: "Scivolano gemme sui miei giorni spenti…" La poesia nacque lì, tra le gocce che diventavano note. Quando l’ultimo accordo svanì, accadde il miracolo. Le nuvole si squarciarono. Un raggio di sole illuminò Marco, trasformando le gocce sui suoi capelli in diamanti. Andrea non pensò. Gli prese il volto tra le mani—freddo, segnato dalla pioggia—e lo baciò. Fu un contatto elettrico, dolce e salato come lacrime asciugate dal vento. Poi tace il canto, la pioggia s’invola… Si separarono senza parole. Marco sollevò il violino. «Tornerai domani?» chiese Andrea, il cuore in gola. Marco indicò il sole che nasceva sui tetti. «Se porterai altre parole, porterò altre note.» Si allontanò lungo il canale, la sagoma nera che si fondeva con la luce nascente. Andrea rimase lì, con il sapore di Marco sulle labbra e un nuovo canto nella mente. Per la prima volta, la tela bianca non gli fece paura. Aveva trovato i suoi colori. Nella pioggia, in un canto, in un bacio improvviso.
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