Dolcezza Assente

658 Words
Dolce è lo zucchero che accarezza fragole rosse, gemme di rugiada; dolce è il respiro del gelsomino quando la notte si fa strada. Dolce è il sole che scioglie baci sulla pelle assetata d’estate; dolce è l’eco dei tuoi passi nella mia solitudine abitata. Ma più di ogni cosa, dolce amore mio, è il battito che per te s’arresta: torna, e trasforma in alba il crepuscolo, perché senza te la luce è spenta. La vetrina del rifugio di Noah, pasticceria nel cuore di Firenze, era un trionfo di bignè al cioccolato e crostate di frutta. Ma Noah fissava i fornelli con occhi vuoti. Da mesi, la sua creatività era sepolta sotto una coltre di grigio. Fu cercando ricette nel mercatino delle pulci che il taccuino cadde ai suoi piedi. Pelle sbiadita, angoli consumati. Lo aprì per curiosità, e un fiore essiccato sfiorò le sue dita. Sotto, una calligrafia che gli bruciò gli occhi: "Dolce è il sole sulla pelle, dolce è l’amore che provo per te. Dolce amore mio, torna da me, così i giorni torneranno luminosi." Leo. L’autore di quei versi scritti a 17 anni, dopo il loro primo bacio tra gli ulivi della campagna toscana. Leo, svanito dopo la maturità senza una parola. La dedica sull’ultima pagina lo folgorò: "Per N., la mia luce. Grazie per le fragole con lo zucchero." … La libreria Antichi Sentieri profumava di carta e legno vecchio. Dietro il banco, Leo alzò lo sguardo, e il mondo si fermò. Dieci anni avevano scolpito il suo volto, ma gli occhi erano ancora quelli che Noah sognava nelle notti insonni: verde bottiglia, punteggiati d’oro. «Hai… lasciato questo. Dieci anni fa» mormorò Noah, poggiando il taccuino sul banco. La sua voce tremava come foglia d’autunno. Leo impallidì. Le sue dita sfiorarono la copertina come una reliquia. «Credevo di averlo perso per sempre. Come ho perso te.» Silenzio. Poi, le parole uscirono a fatica: «Tuo padre venne da me. Disse che… che avrei rovinato il tuo futuro, legandoti a un sognatore senza prospettive. Che saresti andato a Milano, a studiare architettura. Che dovevo sparire.» Noah sentì la rabbia salirgli in gola. Suo padre, morto cinque anni prima, non aveva mai accettato la sua omosessualità. «Ti ho aspettato ogni giorno alla stazione, Leo. Per mesi.» «Lo so. Ti vedevo nasconderti dietro il chiosco dei fiori. Ogni volta che un treno arrivava…» Leo chiuse gli occhi. «Fu come strapparmi il cuore. Ma tuo padre minacciò di diseredarti se non ti lasciavi alle spalle quel ragazzo del popolo.» … La pioggia batteva sui vetri mentre Noah scioglieva cioccolato fondente a bagnomaria. Leo osservava, le spalle appoggiate allo stipite della cucina della pasticceria. «Perché una libreria?» chiese Noah, rompendo il silenzio carico di ricordi e domande non dette. «Perché i libri non scappano. E le parole…» esitò Leo, avvicinandosi. «Le parole sono tutto ciò che mi restava di te.» Con gesto incerto, Noah intinse un cucchiaino nella crema di fragole appena preparata, mescolata a zucchero di canna. Lo portò alle labbra di Leo. «Assaggia. È la nuova creazione per domani.» Il sapore esplose: dolce ma non stucchevole, intenso come un ricordo d’estate. Leo chiuse gli occhi. «Sono le fragole… con lo zucchero di una volta.» «Quelle del tuo verso» sussurrò Noah. Quando Leo riaprì gli occhi, erano lucidi. «Ho sbagliato tutto, Noah. Avrei dovuto lottare. Credere in noi.» Noah posò il cucchiaio. Un passo, poi un altro. La distanza tra loro si misurò in battiti. «Lottiamo adesso» mormorò, sfiorando la guancia di Leo, dove una lacrima si era perduta. «Il tuo ritorno… è il sole che mi mancava.» Il bacio fu come la chiusura di un cerchio: sapore di fragole, vaniglia e tutto il tempo perduto che improvvisamente riconquistava senso. Fuori, la pioggia cessò. Un raggio di sole squarciò le nuvole, illuminando la vetrina piena di dolci, e due corpi che si stringevano tra i vapori dolciastri dei fornelli, dove la luce — finalmente — era tornata. Fine
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