Capitolo 8

1040 Words
Vittorio Crescentini stava attraversando il corridoio della caserma quando delle voci lo fecero fermare. Si avvicinò, dirigendosi verso la sala da pranzo, dove alcuni soldati erano seduti in circolo, parlando e ridendo. Al centro c'era il soldato incaricato dal comandante Smith di catturare Riccardo Salvati. Vittorio si avvicinò a loro. Quando lo videro, si alzarono in piedi e gli fecero il saluto militare. “Riposo,” disse Vittorio. Poi si rivolse al soldato in questione: “Ti devo parlare, vieni con me.” “Certo, luogotenente, la seguo subito.” Uscirono dalla sala da pranzo e si diressero verso il corridoio. Vittorio chiese al soldato: “Oggi ti ho visto parlare con il comandante Smith. Che cosa ti ha chiesto di fare?” “Mi ha chiesto di catturare Riccardo Salvati.” “Per quale motivo?” chiese Vittorio. “Mi dispiace, luogotenente, ma non mi ha detto nulla. Mi ha solo detto di catturarlo e di portarlo nella baita in montagna.” Quando il soldato si rese conto di aver parlato troppo, si portò una mano alla bocca, realizzando che si era messo nei guai. Se il comandante avesse scoperto che aveva parlato, non sarebbe stato un momento facile per lui. Vittorio, vedendo il soldato impallidire, gli mise una mano sulla spalla. “Non ti preoccupare, non dirò niente al comandante. Volevo solo avere delle risposte.” Il soldato annuì, ma il suo sguardo rimase dubbioso. Non riusciva a capire a cosa si riferisse il luogotenente. Vittorio si allontanò e, mentre si dirigeva verso le macchine, decise che era giunto il momento di fare qualcosa di concreto. Non bastava più distruggere l'esercito del silenzio dall'interno; doveva fare la sua parte. … Nel frattempo, Teo stava allenandosi con Raul. Gli stava insegnando le basi per comportarsi come un soldato dell'esercito del silenzio. Per fortuna, Teo era già cintura nera di karate, che aveva imparato da piccolo; quindi, Raul non ebbe difficoltà a insegnargli il combattimento dell'esercito, che, a differenza delle competizioni dove ci sono delle regole, era molto più sporco. Raul cadde a terra quando Teo pensò di avere un vantaggio. Raul prese un po' di terra e gliela lanciò negli occhi. Teo, preso alla sprovvista, si toccò gli occhi, che gli bruciavano. Approfittando della distrazione di Teo, Raul gli diede un calcio circolare e lo fece cadere a terra. Teo, ancora stordito, guardò Raul e gli disse: “Ma che cavolo fai? Non è leale fare delle mosse del genere!” Raul gli porse la mano e lo aiutò a rialzarsi. “Non ti aspettare che un membro dell'esercito del silenzio sia leale. Sono nati per imbrogliare e uccidere, non provano pietà e non sanno cosa sia la lealtà. L'unica lealtà che hanno è per il loro comandante e per la causa malata dell'esercito!” Teo annuì e, nonostante la durezza delle parole di Raul, disse: “Continuiamo, non abbiamo molto tempo.” Si rimisero in posizione e continuarono ad allenarsi. … Nel frattempo, nella baita, Riccardo non sapeva più cosa fare. Aveva cercato dappertutto sperando di trovare una via d'uscita. L'unica fonte di luce era il finestrone, ma aveva pensato di sfondarlo, solo che erano finestre a doppio vetro; quindi, non riusciva con i mezzi che aveva a disposizione, come una sedia o un tavolino, a sfondarle. Mentre cercava un modo per scappare, sentì qualcuno salire le scale. Si girò e vide il comandante Smith, che aveva tra le mani un vassoio. Rivolgendosi a Riccardo, disse: “Ti ho portato qualcosa da mangiare. Da quando sei arrivato qui non hai mangiato.” Riccardo incrociò le braccia e rispose: “Non ho fame.” Ma proprio in quel momento lo stomaco brontolò. Riccardo, imbarazzato, si girò per non vedere la faccia del suo rapitore. Adam sorrise, intenerito dal ragazzo, ma poi scrollò la testa, tornando serio. Cosa mi ha fatto? Perché mi comporto così? pensò tra sé e sé. “Riccardo, non mentire. So che hai fame. Comunque, se ti do fastidio, vado fuori. Quando hai finito, vengo a riprendere il vassoio.” Lui annuì, poi si avvicinò al tavolino che aveva sistemato prima per non far capire al suo carceriere i suoi tentativi di fuga. Cominciò a mangiare e, in quel momento, le venne un'idea: se non poteva sconfiggere il nemico, avrebbe dovuto farlo diventare suo alleato. Inoltre, lui era invaghito di lui, quindi se avesse giocato bene le sue carte, forse lo avrebbe convinto a lasciarlo andare. Mentre mangiava, fece un sorriso radioso al comandante Smith, che rimase lì a guardarlo incantato. A quel punto, il ragazzo disse: “Grazie mille, comandante Smith, per avermi portato qualcosa da mangiare.” Adam, completamente incantato, non sospettò nulla. L'unica cosa che vedeva in quel momento era il bel sorriso del ragazzo. Era sempre più convinto che avrebbe fatto di tutto per tenerlo con sé, anche al costo di tenerlo relegato in quella stanza. … Vittorio Crescentini, fuori dalla baita, osservava Riccardo Salvati cercare di ammansire il comandante Smith. Da quello che vedeva, sembrava che ci stesse riuscendo. Sapeva che in qualche modo il ragazzo sarebbe riuscito a scappare, ma sapeva anche che il comandante era invaghito di lui, e quindi avrebbe fatto di tutto per averlo. Sperava solo che non avesse usato la forza per farlo. Quel ragazzo era semplice, non sembrava aver mai pensato male di nessuno, e in questo somigliava tutto a suo padre. Doveva aspettare che fosse notte per poter trovare un modo di entrare. Ma proprio in quel momento, sentì un rumore alle spalle. Quando si girò, vide Sofia, la nonna dei ragazzi, che lo guardava. Vittorio sperava che i suoi poteri fossero abbastanza forti da ingannare anche una speciale come lei, ma le sue attese furono disilluse quando lei disse: “Vittorio, niente può ingannarmi. Io sono la signora degli specchi e non c'è niente che inganni l'occhio più di uno specchio.” Vittorio la guardò stupito e poi disse: “Lo sapevo che sarebbe stato difficile con te.” Improvvisamente, dietro di loro si aprì un portale. I primi a uscirne furono Raul e Teo, seguiti da altri speciali. Gli unici due armati erano Teo e Raul. Gli speciali non avevano bisogno di armi, poiché le loro armi erano i loro stessi corpi.
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