Sospirai in un ultimo tentativo di calmarmi dopo tutta quella mattinata per nulla tranquilla. Bussai un paio di volte sulla porta massiccia in legno. Aveva delle venature più scure, che creavano un effetto ancora più bello e rustico.
Feci un passo indietro, ed aspettai qualche minuto, in modo che qualcuno mi venisse ad aprire la porta. Sapevo che ci avrebbero messo di sicuro un bel po' per farmi entrare in casa. Nel frattempo che aspettavo mi guardai attorno. La piccola casetta, era circondata da una staccionata che delimitava il giardino ben curato.
La piccola dimora era tutta in legno, e si intonava perfettamente con l'ambiente in cui vivevamo. Quell'abitazione era a cento metri distante dal paese, e ci viveva solo Rafe e sua nipote.
Per tutto il perimetro della staccionata, c'erano dei fiori piantati, di un colore misto fra il rosa e il rosso. Erano molto curate anche tutte le piante che, non solo stavano in giardino, ma anche quelle messe nei vasi di fronte a tutte le finestre.
Sentì la serratura scattare e vidi la porta aprirsi. Tirai un sorriso cercando di essere convincente -ah, sei tu...- disse l'anziano che mi si parò davanti, che subito si girò per tornare in salotto sulla sua amata poltrona dove passava la maggior parte delle ore della giornata.
Come uomo era abbastanza strano, era un tipo lunatico, certe volte era scontroso e altre super simpatico, altre volte ancora era gentile. Evidentemente oggi lo avevo trovato di mal umore. Entrai e chiusi la porta alle mie spalle per poi percorrere il piccolo corridoio e svoltare a destra, dove si apriva un bellissimo salotto, che squadrandolo meglio, era anche piccolo, ma c'erano le cose più essenziali, che lo rendevano confortevole.
Il salotto presentava un piccolo divano a due, massimo tre posti. A lato del sofà, si trovava una poltrona, quella in cui si sedeva Rafe, un tappeto bello grande e colorato in mezzo che rendeva più confortevole questo punto della casa, un camino davanti, e delle vetrate al lai, che prendevano tutta la parete.
Proprio quelle finestre messe così, facevano entrare un sacco di luce all'interno della sala, illuminandola benissimo e face anche vedere tutto,il giardino pieno di fiori, facendo rimanere gli ospiti sempre sorpresi da quello spettacolo.
Mi sedetti sul divano, ormai ero talmente abituata a stare qua con loro che facevo come se fossi a casa mia. Portai il busto in avanti, posai i gomiti sopra le ginocchia e aspettai qualche segno o parola da parte dell'anziano, che fortunatamente non arrivò troppo tardi, anche perché sennò si sarebbe creato un silenzio alquanto imbarazzante, che avrebbe creato disagio.
-allora, cosa vuoi?- chiese con tono duro Rafe, facendomi sbuffare. Capivo che avesse la luna storta, ma poteva almeno sforzarsi di essere gentile. Dopotutto lui era il lupo saggio. Il suo nome significava proprio quello. Quindi doveva avere una predisposizione per avere più pazienza e calma.
Mi schiaffeggia mentalmente, cosa stavo dicendo... io ero diversa dagli altri, lui davanti a me era libero di mostrarmi i suoi dubbi e risentimenti. Io per lui ero speciale, tanto che non si sentiva in dovere di mettersi una maschera e ascoltare gli altri solo per dargli consigli, ma era libero di farmi capire qualsiasi cosa, parlandomi sia con un modo gentile, sia con un voce alterata dal nervosismo quando non capivo.
Io nostro rapporto era speciale, noi ci volevamo bene e avevamo una confidenza che nessuno aveva nei nostri riguardi. Il nostro rapporto era diventato così confidenziale che ormai riuscivamo a capirci senza nemmeno parlare, inoltre questo affetto e intimità derivava proprio da dei bisogni intrinsechi che avevamo.
Noi eravamo quasi del tutto simili. Per via della nostra posizione sociale, tendevamo a ricoprire un ruolo dove quasi tutte le volte devi sottostare a delle regole, e quelle volte in cui le leggi non centravano nulla, dovevi sottostare alle imposizioni e comandi dell'Alpha, quindi erano anche quelli dei comandi.
A noi due non piaceva quasi mai questa cosa, quindi con la nostra conoscenza, che iniziò fin da quando ero piccola, o meglio, ragazzina, abbiamo avuto modo di togliere tutte quelle leggi e obblighi che avevamo, facendo così cadere a terra quel muro che ci separava dagli altri.
Il nostro rapporto infatti era basato solo sulla nostra sincerità e affetto reciproco. Tutti e due volevamo staccarci da tutto quello che era il nostro mondo, così da avere almeno qualcuno con cui sfogarci e parlare di tutto e di più in modo libero, senza censure.
Appena vidi un'ombra comparire dietro una delle vetrate, subito mi drizzai sulla schiena, sedendomi in modo composto sul divano. La giovane donna che riconobbi subito come sua nipote, scostò la grande vetrata che faceva da portafinestra ed entrò in salotto.
-ciao Narah- mi salutò sorridendo la giovane, teneva in mano un mazzolino di fiori, molto probabilmente raccolto nel bosco, poiché il colore dei petali erano bianchi, mentre i fiori che annaffiava in giardino erano di un altro colore.
Sorrisi di rimando -ciao- poi entrambe spostammo lo sguardo verso l'anziano che, ci fissava con il broncio che faceva ridere.
-nonno, hai offerto qualcosa a Narah?- la giovane posò una mano guantata, un po' sporca di terra, forse aveva piantato qualche fiore oppure aveva tolto alcune erbacce cresciute qua e là per il giardino.
Il nonnino sbuffò e fece un gesto con la mano -si arrangia da sola- rispose per poi accomodarsi meglio sulla poltrona.
La nipote ridacchiò a ciò che disse Rafe, poi si avvicinò a me -lascialo stare... è arrabbiato perché non vieni a trovarlo da un po'- e si allontanò per andare in cucina, dove la sentì trafficare con delle cose in vetro o porcellana, a sentire dai rumori che faceva.
Ridacchiai e mi avvicinai all'anziano -avevo da fare, Ruven aveva bisogno d'aiuto per le Olimpiadi- gli poggiai una mano sul ginocchio, e Rafe mi guardò per qualche attimo con uno sguardo dubbioso per capire se stessi dicendo la verità per poi sospirare pesantemente.
Scollò il capo e poi prese di nuovo a guardarmi, intensamente, come per leggermi dentro, sapevo cosa stava facendo, avevo capito le sue intenzioni, ma non pensai che lo stesse facendo apposta. Mi stava leggendo dentro. Lui aveva questo potere, se così si poteva definire. Lui riusciva a leggere le persone solo con uno scambio di sguardi, così subito girai la testa.
-tu l'hai trovato- constatò continuando a guardarmi, lo sapevo perché riuscivo a notarlo osservandolo con l'angolo degli occhi.
-chi ha trovato chi?- entrò la nipote con un set di the su un vassoio. C'era una teiera e delle tazzine tutte abbinate fra loro, con gli stessi colori e ghirigori. Era di colore verde e bianco con delle linee dorate che formavano dei piccoli disegni delicati.
Io la guardai per un attimo, per poi distogliere lo sguardo verso il pavimento di legno, trovandolo subito interessante. Cominciai a seguire tutte le venature più scure, tipiche del legno.
-Narah ha trovato il suo compagno- constatò ancora, come per convincersi anche lui di quello che aveva letto in soli pochi secondi guardando i miei occhi color mare.
Sospirai pesantemente e cercai di ignorarli versandomi un po' di the dentro la tazzina e con il cucchiaino cominciai a mescolare facendo attenzione a non far cadere il the, cosa molto probabile data la mia sbadatezza e i miei movimenti burberi.
Di me si poteva dire di tutto, ma che fossi delicata, era una bugia bella e buona. Molto spesso ero impacciata e maldestra, senza contare che ero sbadata e imbranata.
-davvero, e raccontami, com'è?- chiese ancora a me che presi subito un sorso della bevanda calda, senza pensare minimamente a vedere se fosse ancora caldo, tanto che quasi mi ustionai la lingua.
-è un'Alpha- continuò l'anziano al posto mio continuando a guardarmi. Sapeva benissimo che non ne volevo parlare, aveva capito che li stavo volutamente ignorando.
-e dimmi... come si chiama? Di che branco fa parte?- continuò con le domande la giovane, che si sedette di fianco a me e mi guardò curiosa. Aveva gli occhi che le si illuminavano, poiché volesse delle risposte.
Sospirai pesantemente posando la tazzina sul tavolino, consapevole che non avrei potuto sorvolare sull'argomento, dopotutto loro erano i miei migliori amici, con loro parlavo sempre di tutto.
-davvero lo vuoi sapere?- chiesi. Appena le avrei detto di che branco facesse parte si sarebbe sicuramente pietrificata, inoltre il fatto che fosse un'uomo imponeva già il fatto che io me ne sarei dovuta andare via da questo branco, lasciando coloro a cui tenevo.
Lei annuì e guardai di sfuggita Refe, capì dal suo sguardo basso che aveva capito anche quello, aveva capito chi fosse. -È l'Alpha dell Branco della Luna Nera- constatai con un sospiro -si chiama Orvar-.
La donna di fianco a me non disse più nulla per qualche secondo, vidi passare nei suoi occhi stupore, non si aspettava che fosse proprio lui -e dimmi, com'è fisicamente? È un bell'uomo? È giovane?- continuò a chiedermi un un'aria quasi maliziosa, dandomi alcune gomitate delicate sul fianco.
Ridacchiai, avevo capito che non voleva sembrare preoccupata per me è lo apprezzai davvero tanto -si è un bell'uomo ed e giovane- risposi sorridendole.
-oh, ma che discorsi!- sbottò l'anziano gesticolando con la mano -per giunta iniziati da te Isadora, ma saranno domande da fare?- continuò l'uomo guardando truce la nipote.
-oh, ma nonno!- si alzò la giovane andando di fianco al nonno -lo sai che io vorrò sempre bene a te- gli diede un bacio sulla guancia ricoperta da peli spessi bianchi, che ricoprivano le guance e il mento all'anziano.
-lo sai Isadora cosa sei per me- disse l'anziano rivolgendo alla nipote uno sguardo pieno d'amore che sono un nonno poteva rivolgere alla propria nipote femmina in età da compagno.
-tu per me sei un dono della luna- dissero all'unisono.
Ricordavo i fatto che Rafe glielo diceva spesso a Isadora, dopotutto il significo del suo nome era proprio quello. E con il tempo avevo capito come mai Rafe aveva dato quel nome alla nipote.
Rafe era rimasto l'unico saggio del branco, infatti era lui ad essere sempre chiamato da tutti per pareri e consigli. Ma nonostante lui facesse bene il suo lavoro, aveva comunque fatto un sacrificio che non era da tutti i lupi.
Partiamo da principio, molti anni fa, si parla anche di prima che io nascessi, c'erano altri saggi. Ma tutti si suicidarono proprio perché il sacrificio che richiedeva essere un saggio, richiedeva tantissima forza fisica e spirituale. Ti faceva soffrire così tanto che non tutti riuscivano a convincerci.
Il rituale che si compiva per diventare come Rafe, era semplice, ma allo stesso tempo complicato, perché la decisione che dovevi prendere poi ti condannava tutta la vita. Le cose che ti chiedevano erano poche.
La prima era che diventavi immortale, a meno che non fossi tu stesso o qualcuno a ferirti mortalmente, e ciò portava al fatto che avresti visto tutta la tua generazione andare avanti e vedere le persone a te care morire.
La seconda era che dovevi vivere per il tuo lavoro, essere a disposizione del branco sempre e comunque, e specialmente si era considerati come secondi in comando, come un beta per intenderci, poiché si era degli ottimi consiglieri per l'Alpha, e ciò non ti lasciava un attimo di libertà e tutti avevano sempre delle aspettative su dite.
La terza era che la famiglia del saggio, sarebbe andata avanti, però da quasi tutte le unioni fra compagni, sarebbero nate solo femmine. Sinceramente io non capivo il senso di questa cosa, e non capivo a cosa fosse correlato tutto ciò all'essere un saggio.
La quarta ed ultima cosa, la più importante di tutti, era che dovevi rinunciare alla tua compagna. Ogni saggi diventava immortale, e come avevo detto prima, comportava il fatto che tu vedessi coloro che amavi andarsene via, e compresa fra questi, c'era anche la propria compagna. Ed era proprio quesa ultima cosa che portava più sacrificio rispetto alle altre, ed era anche il motivo, per il quale molti dei saggi, dopo non c'è la faceva più a vivere senza la propria metà, così si suicidavano. E ritornando a prima, una volta dopo che il saggio moriva, tornava tutto alla normalità, la famiglia dell'uomo avrebbe ripreso a procreare maschi e femmine, come se nulla fosse.
Tutto questo per spiegarvi che quando Isadora era nata, Rafe ha voluto dargli lo stesso nome della moglie che ormai era morta, oltre ad avergli dato un nome per un valore affettivo per via della nonna, lo aveva dato anche perché il significato rispecchiava proprio ciò che lei era.
Purtroppo, come se per Rafe non fossero abbastanza i suoi sacrifici, sua figlia e il suo compagno, erano morti durante una notte burrascosa, non ricordo il motivo, poiché mi fu raccontata anni fa da mia madre questa storia. In ogni caso, la donna era incinta e nonostante le gravi condizioni in cui era stata trovata, riuscirono a far nascere la piccola che riuscì a sopravvivere. Fu così Rafe diede a lei il nome dono della luna, poiché riuscì a salvarsi.
-Narah! Narah! Ci sei?- mi riscossi dai miei pensieri rendendomi conto solo adesso di essermi persa tutta la conversazione, se ne avessero fatta una. Talmente ero sulle nuvole che mi ero totalmente distaccata dai due.
-si?- chiesi scuotendo di poco la testa.
-a che pensavi?- chiese ridacchiando la giovane. E vedendo che non rispondevo continuò-al tuo compagno?-
Sorrisi, nonostante fosse una buona scusa, negai con la testa. Se non fosse per il fatto che non avevamo avuto effettivamente una sola conversazione decente, avrei anche potuto dire di sì. Ma non avevo minimamente la facoltà di dire di conoscerlo anche solo un po'.
Anzi, l'unica cosa che conoscevo di lui era che era l'Alpha di uno dei branchi più potenti. E mi chiesi quando e se avremmo avuto una conversazione decente prima o poi. Ma questo purtroppo non dipendeva solo da me, a anche da lui, non ero io che sicuramente doveva farsi avanti, o quantomeno, io potevo fare un passo, ma lui avrebbe dovuto fare altrettanto così da venirci incontro.
-come va con tuo fratello? ho visto che avete litigato- continuò Rafe, continuando un discorso dalla quale mi ero del tutto dissociata per via delle mie continue distrazioni.
-non so che dirti- mi sistemai sul divano -sono ancora sconvolta- accavallai le gambe facendo attenzione alla gonna per poi sistemarmela. Ero davvero ancora scombussolata. Non sapevo come poter commentare tutto l'accaduto di quella mattina.
Non sapevo nemmeno se quella ennesima sfuriata avesse migliorato il nostro rapporto in meglio o lo avesse solo peggiorato. In ogni caso, io avevo detto le cose che provavo, ho riportato alla luce tutto ciò che mi turbava da anni e ho semplicemente detto le come come stavano.
Sospirai ancora sotto pensiero -adesso devo andare dalla nonna, ci vedremo un altro giorno- mi alzai e feci due passi che per via dei tacchi risultarono rumorosi.
-so che hai detto le cose giuste, spero solo che tutto si risolva- si alzò con fatica dalla sua poltrona, e mi abbracciò calorosamente. Strinsi anche io le mie braccia attorno al suo busto e poi ci staccammo.
-grazie di tutto ancora. Isadora, una di queste sere vieni anche te alle serate, ci prepariamo insieme e ci faremo compagnia a vicenda- dissi alla giovane che piena di imbarazzo le gote le diventarono rosse.
-grazie mille per l'invito. Magari uno di questi giorni passo- sorrise timidamente.
-possibilmente prima che finiscano le Olimpiadi, magari trov...-
-non ci pensare nemmeno!- esclamò l'anziano interrompendomi. -lei è destinata a stare in casa con me! Non permetterò che un'uomo la porti via da me, lei che è l'unica cosa che mi è rimasta, che mi ricorda mia moglie e mia figlia-
Non dissi nulla, sapevo che non diceva sul serio, e quasi mi vennero le lacrime al pensare che lei era davvero la sua unica speranza per continuare a vivere, dopotutto, lui aveva perso qualsiasi persona a cui lui teneva, non si poteva biasimare.
L'unica cosa che io speravo, e che anche Isadora pregava infondo, infondo, era che il compagno che avrebbe trovato, fosse disposto a stare con lei, senza portarla con se, nel suo branco. Così che continuasse a prendersi cura del nonno.
Io non lo sapevo e non potevo capirlo, però secondo me Isadora sotto quegli stati di sorrisi e risate, soffriva. Non per suo nonno, ma perché continuava a sperare che il suo compagno le stesse accanto e che decidesse di vivere con lei.
Chissà quanti pianti si faceva ogni sera, prima di andare a dormire. Lei nonostante volesse bene a suo nonno, aveva continuamente paura di lui, aveva sempre messo Rafe al primo posto pensando prima a lui e poi a se stessa, un po' come fanno le mamme con i propri figli.
Aveva sacrificato anni per lui, e sapevo che pregava ogni notte la dea Luna chiedendole di aiutarla e di darle la forza e soprattutto qualcuno che potesse amarla e trattarla bene, come solo un compagno poteva fare.