Beatrice
Passai al bar per un panino e mi diressi verso la De Luca Editori, non avevo l’auto di conseguenza mi ci vollero ben più di cinque minuti per raggiungere la meta ma non me ne preoccupai molto.
Incrociai Liliana in ascensore, probabilmente stava andando a pranzo.
“ Ehi Bea! Non ti vedo da due giorni dove sei finita?”
“ Ho avuto da fare, sai com’è De Luca” lei annuì comprensiva
“ A tal proposito, oggi è fuori di se ha fatto fuori due stagiste e un fattorino! Sai che gli prende?” accidenti se lo sapevo! Ero proprio io la causa di tutto quel casino.
“ No, non direi ma quell’uomo è peggio di una donna in fase premestruale quindi non c’è da stupirsi” il suo sguardo indugiò su di me
“ Sembri diversa” sorrisi ed espirai
“ Mi sento diversa” le porte si aprirono e io mi fiondai nella baraonda
“ NO! Quelle saranno pubblicate giovedì e non domani, domani c’è la conferenza per il saggio di Stevia!” chiuse il telefono e lo scaraventò sul divano.
“ Ok adesso calma tigre sono qui” dissi tranquilla togliendo il cappotto e mettendomi comoda sulla sedia.
“ stai fuori tutto il giorno lasciandomi nei casini e mi dici di stare calmo!?”
“ ti ho portato il caffè” gli indicai il bicchiere sul tavolo della scrivania
“ e sì, devi stare calmo ,sederti in quella bella sedia e aiutarmi a sistemare i tuoi casini” lui mi guardava come se fossi un alieno
“ chi sei tu e che ne hai fatto della mia segretaria?”
“ sono la tua assistente e non segretaria e comunque sono sempre io solo leggermente più sbroccata, è un problema?” lui si guardò intorno e i foglio sparsi per tutta la stanza lo fecero sbiancare.
“ No non lo è… solo, non andare via mai più” sembrava stanco e disperato, lo avevo ridotto io in quel modo e anche se non lo avrebbe mai ammesso quell’uomo aveva bisogno di me.
***
Passammo ore a sistemare quel pasticcio ma alla fine tutto andò per il verso giusto, le date e gli orari coincidevano e i manoscritti corretti e sistemati pronti per la fase editing.
Mi stiracchiai allungando le braccia al cielo e Samuel mi guardò in modo strano, abbassai lo sguardo e vidi che un bottone della mia camicia era aperto lasciando posto ad una scollatura meno casta del solito.
“ Oh scusa…” riabbottonai la camicia e arrossii per l’imbarazzo.
“ sto morendo di fame, ti va se andiamo a cena?” sgranai gli occhi per lo stupore, De Luca / Akbar il mio capo stronzo ,egoista, dalle personalità multipla, mi sta chiedendo di andare a cena con lui.
“ Beatrice non ho intenzione di mangiare te” il suo tono suadente e calcolatore mi fece arrossire ancor di più
“ehm.. si va bene, prendo la borsa” il tremolio mi accompagnò per tutto il tragitto fino al ristorante. Samuel mi aiutò a scendere dall’auto e mi scortò dentro poggiando una mano sulla mia schiena.
“ un tavolo per due per cortesia” il cameriere ci mostrò il nostro tavolo e ci illustrò il menù.
Io presi gli spaghetti al nero di seppia mentre lui ordinò un piatto strano con un nome impronunciabile.
“ ti si coloreranno i denti di nero”
“ e a te verrà un indigestione, cosa diavolo c’è in quel piatto?”
“ sei proprio una plebea Beatrice” lo disse in tono scherzoso e accese una piccola miccia in me
“ attento a come parli Samael, potresti pentirtene” sorseggiai il vino e lo guardai con sufficienza
“ mi associ al demonio Beatrice, perché mai?”
“ davvero hai bisogno di spiegazioni?” lui fece finta di pensarci e poi mi rivolse un sorrisetto scaltro
“ No, direi che demonio mi si addice” lo colpii sul braccio ma mi afferrò la mano prima di poterla tirare via. I suoi occhi puntarono i miei mandandomi in visibilio il cervello e il cuore.
“ Non dovresti giocare con l’angelo caduto Beatrice, potresti contaminare la tua anima pia”
“ la mia anima non è pia, Samael e tu dovresti saperlo” lui comprese a quale momento impuro mi riferissi e l’ilarità si tramutò in ira.
“ A tal proposito, quel tale che fine ha fatto?” si riferiva a Mirco e cosa avrei dovuto rispondere? Volevo stuzzicarlo un po’.
“ usciamo insieme a quanto pare, ma non vedo quale possa essere il tuo interesse”
“ dovrai essere me d’ora in poi quindi è plausibile che mi interessi della tua vita privata no?” assottigliai gli occhi studiandolo.
“ questo varrebbe anche per me, sei sicuro che vuoi che mi impicci dei tuoi loschi affari di donne?” lui rise di gusto
“ loschi affari di donne? Per chi mi hai preso Beatrice?” per un trentacinquenne indomabile che ha l’aspetto di un angelo caduto ecco per chi.
“ pensavo solo che date le voci le tue prestazioni fossero elevate ma forse sono solo fandonie” poggiai i gomiti sul tavolo attendendo la sua risposta.
“ le mie prestazioni sono molto elevate Beatrice ma questo non significa che io condivida il letto con ogni donna che mi capiti a tiro” trattenni il fiato, mi aveva zittito.
“ come va con la causa di tua figlia?” spostai l’argomento su qualcosa di molto meno piccante.
“ sembra andare bene, anche Mariavittoria alla fine si è dimostrata d’accordo per dare a me l’affidamento” un moto di rabbia mi attraversò la spina dorsale
“ quella donna non avrebbe mai dovuto mettere al mondo una figlia” mi resi conto di aver dato voce ai miei pensieri senza riflettere e gli occhi di De Luca mi puntavano stupiti
“ cioè voglio dire… senza di lei non sarebbe nata Elisa ma forse dovrebbe essere meno…”
“ hai ragione, Mariavittoria non avrebbe mai messo al mondo una figlia lo ha fatto solo per tenermi buono con lei. Volevo un figlio e lei no, il nostro matrimonio era agli sgoccioli e lei lo sapeva bene. Mia figlia soffre per il mio egoismo” si passò una mano sul viso distrutto al solo pensiero della sofferenza della sua bambina. Avevo sempre saputo quanto Samuel tenesse ad Elisa ma i suoi sensi di colpa mi fecero a pezzi. D’istinto gli presi la mano posata sul tavolo carezzandola con movimenti circolari.
“ Ehi, andrà tutto bene. Elisa è una bambina forte e lo supererà. Ci sarai tu accanto a lei e il tuo amore sarà sufficiente” lui guardò le nostre mani giunte mentre io per l’imbarazzo cercai di scostarla. Non mi permise di andar via, ribaltò la posizione e la sua mano coprì la mia stringendola, non mi spiegavo la sensazione di beatitudine che provai. Cercai di immaginare qualcosa di simile accostandola ad un qualche evento della mia vita ma non riuscii a trovarne nessuno. Il suo calore mi trasmetteva quiete e adrenalina al contempo, mi sentii protetta.
I nostri piatti arrivarono subito dopo, interrompendo quella connessione viscerale.
“ Sabato partiamo per Milano” quasi non soffocai con lo spaghetto in gola.
“ in che senso partiamo?”
“ Emilia presenta il suo libro per la prima volta” mi aspettavo che sarei andata in scena presto ma non credevo in meno di quarantotto ore.
“ non ho nemmeno letto il libro, come farò a convincerli che sia io la scrittrice?”
“ leggilo e poi potrai chiedermi ciò che vuoi” lui scrollò le spalle e mandò giù il cibo con il vino.
“ la tua Pr potrebbe prepararmi un discorso, potrebbe rendere tutto più facile non credi?”
“ non sarebbe credibile e poi non saresti in grado di rispondere alle domande” lui sospirò e prese la mia mano tra le sue. Non mi ero resa conto di quanto mi era mancata quella sensazione di calore.
“ Beatrice leggi quel libro e poi dimmi cosa ne pensi, non ti chiedo altro, solo di essere sincera” Samuel mi guardò con un espressione dolce, non lo riconoscevo, non ero preparata a lui.
“ Non ti da fastidio che qualcun altro sarà elogiato per il tuo lavoro?”
“ Non se sei tu a farlo”
trattenni il fiato incapace di esalare un solo respiro. Pensai che le sue parole fossero frutto della mia immaginazione o che si stesse prendendo gioco di me ma… no, era reale e io ne rimasi sgomenta.
Samuel chiese il conto mentre io scusandomi andai al bagno. Guardai dentro il grande specchio che si stagliava su tutta la parete. Vidi una donna dalle gote rosee,dal respiro ansante e dagli occhi scuri. Quella donna era eccitata e impaurita era confusa ed estasiata; quella donna ero io incapace di comprendere le sensazioni che quell’uomo avesse risvegliato in me. Mi rinfrescai con dell’acqua sul collo e uscii dal locale.
“ Tutto bene?” Era riuscito a confondere il mio cervello come mai prima d’ora, col cazzo che andava bene.
“ ho centrato il water se è questo che vuoi sapere” smorzai la tensione e lui sorrise alla mia battuta
“ sono contento di sapere che hai una buona mira” mi fece l’occhiolino facendomi arrossire
“ oh non immagini quanto Samuel” lui sgranò gli occhi e mi guardò cambiando espressione
“ c’è qualcosa che non va?” dissi con timore
“ è la prima volta che pronunci il mio nome”
“ No, l’ho fatto spesso nelle ultime 24 ore “
“ Mi hai chiamato Samael ma mai Samuel” mi resi conto della gaffe
“ Oh, mi dispiace”
“ Non dispiacerti, mi piace come suona” non risposi limitandomi ad annuire e permettendo alla sua mano di condurmi fino all’auto.
Non fu necessario spiegare a De Luca dove abitassi e non fu necessario riempire i silenzi in auto. Generalmente si cerca la conversazione per il più stupido motivo solo per evitare l’imbarazzo del silenzio in un luogo chiuso e ristretto, ma in quel caso non ve ne fu il bisogno. Mi sentivo perfettamente a mio agio con lui accanto, entrambi eravamo scossi da quel cambiamento rapido nel nostro rapporto e il silenzio era il modo ideale per elaborarlo.
Solo quando la sua Mercedes accostò mi permisi di parlare
“ grazie per la cena Samuel” probabilmente non lo aveva nemmeno sentito perché me lo ritrovai davanti la portiera dell’auto pronto ad aiutarmi a scendere da quell’astronave.
Presi la sua mano e con un saltello posai i piedi sull’asfalto. Cercai di scostarmi ma lui mi trattenne.
“ leggi il libro Bi “ non mi resi subito conto di come mi aveva chiamata perché fui sopraffatta dal suo ordine.
“ Lo leggerò” il mio sguardo sincero lo fece calmare lasciando libera la mia mano vittima della sua prigionia crudele.
Lo oltrepassai dirigendomi verso il portone di casa senza mai voltarmi indietro.
La casa era silenziosa, probabilmente Stef dormiva già da un pezzo. Gettai i vestiti tra i panni sporchi e misi qualcosa di comodo.
Prima di andare a letto ero solita bere un bicchiere d’acqua, quindi mi diressi in cucina per ossequiare al mio rituale. Un oggetto colpì la mia attenzione, sul tavolo della cucina si trovava qualcosa che stava per cambiare la mia vita. Presi il libro tra le mani e lo rigirai, lo avevo già letto ma sapevo che non sarebbe stato sufficiente. Sherazad e Akbar mi erano entrati dentro tanto a fondo da confondere la mia vita con la loro. Avrei dato qualunque cosa per una parola di conforto da Emilia, lei era l’unica che riusciva a capire come mi sentissi. Dovevo solo rassegnarmi all’idea che lei non era mai esistita e che il mio capo era riuscito a rovinare tutto, ancora una volta.
Tornai in camera e mi gettai sul letto, aprii la prima pagina di quel dannato libro e per la seconda volta mi immersi nel giardino delle rose.
***
Guardai la luce fioca che entrava dalla finestra, era l’alba. Avevo letto per tutta la notte senza accorgermi di nulla, guardai il sole sorgere e poi rivolsi l’attenzione ai fogli maltrattati dell’opera sulla mie ginocchia. Avevo sottolineato e appuntato ogni cosa mi passasse per la mente durante la lettura, dovevo capire cosa lui avesse provato mentre lo scriveva e mi chiesi come fosse riuscito ad assemblare quel connubio di amore, odio ed erotismo senza mai risultare scontato o volgare. La mia sveglia trillò ma immotivatamente dato che il sonno non lo avevo mai incontrato quella notte. Mi stiracchiai saltando giù dal letto e dirigendomi in cucina per la colazione.
“ buongiorno Bi” trovai Stef in pigiama mentre addentava un muffin al cioccolato
“ buongiorno…” benedissi l’inventore del caffè mentre me ne versavo una tazzina
“ hai un aspetto terribile che diavolo hai combinato?” lo guardai con gli occhi iniettati di sangue e lui alzò le mani in segno di resa.
Feci colazione in silenzio fissando la parete bianca del muro, non avevo più nemmeno la forza di articolare parole e il solo pensiero della giornata che mi aspettava mi fece venire la nausea.
Arrivai a lavoro trascinando le mie membra stanche e mi gettai sul divano dell’ufficio del mio capo. Se avesse avuto un problema non me ne sarebbe fregato un cazzo.
“ se mi avessero detto che porti quelle cose non ci avrei mai creduto” sobbalzai in preda al panico. Mi misi seduta e cercai di comprendere dove mi trovassi.
Ero sul divano di Samuel e poi? Poi credo di essermi addormentata.
“ di che diavolo parli?” presi la testa tra le mie mani massaggiandomi le tempie indolenzite.
“ le tue calze Bi” abbassai lo sguardo e vidi che la mia gonna era più su del normale. Mi coprii le cosce e lo guardai in tralice.
“ cos’hanno che non va?”
“ Nulla, mi hai dato un bel buongiorno” mi alzai inferocita pronta a picchiarlo ma la mia mano venne fermata a mezz’aria
“ Cosa credevi di fare picchiarmi?” mi derise e io sbuffai
“ vorrei ucciderti piuttosto”la sua risata fragorosa mi infastidì ancor di più
“ non si uccide un demone e tu dovresti saperlo Beatrice”
“ potrei esorcizzarti magari”
“ quella roba con la croce e l’acqua santa? Non ti facevo una da film Horror” incrociai le braccia al petto e lo guardai alzando un sopracciglio
“ beh non mi facevi nemmeno una che porta una mise sexy al lavoro, eppure..”
“ e poi sarei io il demonio?” risi alle sue parole
“ ho passato tutta la notte a leggere ” indicai il povero libro gonfio e rovinato sulla scrivania.
Lui lo prese e lo rigirò tra le mani osservandolo con cura.
“ direi piuttosto che tu ci abbia fatto la guerra!”
“ molto spiritoso Samael” lui scosse la testa divertito e mi spinse sulla sedia mentre io lo guardai fare il giro della scrivania posizionandosi di fronte a me.
“ Vorrei sapere cosa ne pensi”
“ Hai scritto un bel libro, avvincente e decisamente piccante” lui mi guardò storto
“ hai ridotto quel pezzo di carta a brandelli e sai dirmi solo questo?”
Feci spallucce come se non avessi altro da dire; lui per tutta risposta si alzò e mi venne incontro tendendomi la mano. Mi trascinò con se fino all’ascensore senza mai lasciare la mia mano.
“ mi spieghi dove diavolo mi stai portando?” cercai invano di strattonarlo ma quell’uomo era impossibile e molto molto più grosso di me.
“ sta zitta e seguimi” mi trascinò fino al decimo piano e io non sapevo nemmeno che ci fosse un decimo piano!
Le porte si aprirono in un corridoio stretto e buio, come immaginavo non era un piano dell’edificio. Questa volta non mi trascinò a forza ma camminai da sola seguendolo verso la piccola porta in fondo a quel buio da brividi. La luce del sole fu talmente forte che dovetti stringere gli occhi prima di abituarmi ai raggi luminosi. Mi guardai attorno e mi resi conto che ci trovavamo sul tetto.
“ perché mi hai portata qui?”
“ volevo che parlassimo in un posto tranquillo”
“ potevi semplicemente chiederlo e non trascinarmi a forza non credi?” un sorrisetto impertinente si formò sul suo volto e le fossette lo rendevano tremendamente affascinante.
“Io ho i miei metodi Beatrice tu dovresti saperlo” se io lo sapevo? Ricordai tutte le volte in cui per i suoi cosiddetti metodi mi ero ritrovata con clienti incazzati e pronti a mollarlo. Quell’uomo mi doveva tre anni della mia vita passati a tappare le falle lasciate dal suo brutto carattere.
“ Allora Bi, sei pronta a parlare?” lui si sedette sul bordo del cornicione e io per poco non ebbi un infarto
“ Scendi subito da lì!” gli corsi incontro temendo per la sua incolumità
“ cos’è hai paura?” ripensai all’idea di salvarlo e mi balenò quella di buttarlo giù risolvendo ogni mio problema.
“ o scendi di lì o giuro che vado via senza dirti una parola” lui sbuffò e come un bambino a cui la mamma avesse detto di no, scese dal cornicione.
Dopo vari battibecchi su dove sederci alla fine optammo per il pavimento.
“ Ok bene adesso siamo dove vuoi tu, ti decidi a parlare prima che impazzisca?” ridacchiai per la sua frustrazione
“ Ok.. beh non so proprio da dove iniziare”
“ se dovessi recensire cosa diresti?” ci riflettei un attimo, era difficile trovare le parole giuste.
“ di sicuro che senza una buona dose di alcool non avrei scelto quel libro” risi ma lui no. Mi sentii in imbarazzo quindi tornai seria
“ ma direi anche che è una lettura che ti entra nel sangue” vidi il suo volto attento che mi esortava a continuare
“ credo che chiunque si trovi a leggere questo libro venga trascinato in un mondo fatto di colori esotici e ambienti fuori dal comune. Ho provato tante volte ad immaginare il giardino d’inverno ma credo che nulla di ciò che la mia mente abbia partorito potrebbe eguagliare la realtà che descrivi.”
“ i castelli e le gerarchie di sangue fanno pensare ad un mondo arcaico, barbaro e crudele ma capace di regalare emozioni”
“ Akbar è un personaggio così austero e complesso che ho fatto fatica ad interpretarlo mentre Sherazad è così genuina che non puoi non amarla o adorarla per il modo di essere.”
“ una schiava venduta ad un re crudele, potrebbe sembrare un cliché bello e buono ma i caratteri dei personaggi sono così scoordinati e atipici che mai si potrebbe pensare ad un sentimento tra loro”
Sospirai e chiusi gli occhi lasciandomi trasportare da tutte le emozioni che le parole di quel libro mi trasmettevano.
“ eppure ecco che quella linea sottile tra l’odio e l’amore confonde il lettore fino a provarne quasi paura. Sherazad ha timore di Akbar, lo odia ma non ha mai desiderato altro e Akbar è il principe delle nevi, freddo e calcolatore eppure non riesce a bloccare i suoi sentimenti per la ragazza.”
Puntai gli occhi verso di lui ancora intento a fissarmi con curiosità
“ avrai anche scritto delle scene di sesso e delle scene di tortura ma la purezza del sentimento tra i due è ciò che colpisce il cuore. Il dolore che provano è reale, le lacrime di Sherazad con i polsi sanguinanti e i crampi allo stomaco è reale, Il dolore del carnefice che sacrifica la vittima è reale e l’amore che essi provano è reale”
Chiusi gli occhi persa nei meandri della mia mente
“ Amor, ch’al cor gentil ratto s’apprende
prese costui de la bella persona
che mi fu tolta; e ‘l modo ancor m’offende.”
Recitai ad occhi chiusi
“ Amor, ch’a nullo amato amar perdona,
mi prese del costui piacer sì forte,
che, come vedi, ancor non m’abbandona.”
Aprii gli occhi udendo quelle parole e mi ritrovai ad un passo dei suoi occhi cielo
“ Amor condusse noi ad una morte.”
Continuai il verso mentre il mio cuore palpitava e il mio respiro accelerava
“ Caina attende chi a vita ci spense.[1]” completò la strofa e le nostre labbra si unirono.
[1] «L’amore, che divampa presto nel cuore gentile,
si impossessò di costui (Paolo) per la bellezza dell’aspetto
che mi è stata tolta; e il modo in cui avvenne ancora mi offende.
L’amore, che non permette a nessuna persona amata di non ricambiare,
si impossessò di me per la bellezza di costui in modo così forte,
che, come puoi vedere, ancora non mi lascia.
L’amore ci ha condotti alla stessa morte.
( Canto V Divina Commedia)