Beatrice
La terra tremava sotto ai miei piedi e il sangue scorreva nelle mie vene come lava incandescente. Fermati! Urlava il mio cuore che minacciava di uscirmi dal petto. Sentii le sue mani circondarmi il volto intento ad approfondire il sacrilego incontro delle nostre labbra e fu in quel momento che ripresi cognizione del mio essere staccandomi da lui.
Non gli diedi il tempo di proferir parola e fuggii come un coniglio codardo. Presi le scale per non essere raggiunta in fretta anche se non sapevo realmente se lui mi stesse inseguendo, per cosa poi? Per un insulso sfioro di labbra?
Dopo dieci piani in corsa mi ritrovai ansante e accalorata fuori dall’edificio. Il trillo del mio telefono mi avvisava di una chiamata in entrata.
“ Mamma non è un buon momento”
“ Oh con te non è mai un buon momento per tua madre!” chiusi gli occhi pensando che quella donna oltre che ad avere un tempismo pessimo era una vera megera.
“ dimmi cosa vuoi” le risposi acida
“ Sabato ho organizzato un party alla villa e tu ci dovrai essere”
“ Devo lavorare” anche se ogni volta che le rifilavo una scusa del genere era una bugia, quella era la verità. Sabato avrei avuto la prima presentazione di Emilia.
“ Beatrice! È impossibile che lavori sempre! Tu Sabato ci sarai perché ho invitato Roberto e lui viene solo per te”
“ Comunicazione di servizio, non ho più dieci anni e non puoi costringermi a vestirmi da bambola e venire alle tue stupide feste! E dì a quel viscido che non accetterei di uscire con lui nemmeno in punto di morte!” attaccai la chiamata esausta.
“ Va tutto bene?”
Mi girai lentamente già cosciente da chi provenisse quella voce.
“ Era solo mia madre” cercai di nascondere il mio astio ma invano.
“ Ti va di parlarne?” lo guardai con occhi tristi e adirati
“ Cos’è adesso anche i demoni hanno compassione?” la mia risata amara invase il portico dell’edificio.
“ Beatrice…” il suo tono divenne austero ma non mi importò
“ No, sai cosa? Mi piaceva di più il tuo lato da stronzo senza cuore” i suoi occhi divennero scuri, una tempesta stava per abbattersi in quelle iridi.
“ Mi dici di cosa cazzo stai parlando adesso?!”
“ Di te! In due giorni mi hai praticamente supplicato di aiutarti, mi hai portata a cena e mi hai appena baciata!” portai le mani tra i capelli quasi disperata
“ Credo che tu stia esagerando Bi” il nomignolo mi fece incattivire ancor di più.
“ devi farla finita. Voglio che le cose tornino come prima” lo guardai seria mentre la sua mascella contratta rivelava il suo nervosismo.
“ Voglio che tu sia il De Luca che conosco, quello che ho imparato a sopportare”
“ Stai rinunciando al lavoro?” lui incrociò le braccia al petto. Pensai alle sue parole, volevo che lui tornasse lo stronzo di sempre e che io ritornassi ad odiarlo come avevo sempre fatto ma avrei davvero rinunciato a quel lavoro?
“ No. Io sarò Emilia ma questo è tutto”
“ Come desideri Beatrice. Mi stupisce solo il fatto che un piccolo bacio insignificante ti abbia fatta uscire dai gangheri.”
Lui controllò il suo orologio e poi posò i suoi occhi sulla mia inerme figura
“ Prenditi la giornata libera, Sabato ti verrò a prendere alle dieci, staremo via per tutto il weekend” non mi salutò neppure, rispose al telefono e rientrò.
***
Raccontai a Stef tutta la faccenda a partire da quella stupida prima mail.
“ Tu sei la regina dei guai lo sai?” guardai Stef appollaiato sul mio letto ricoperto di abiti
“ Credi che non lo sappia? Non riesco davvero a credere come il destino si organizzi ad intrappolarmi in questo modo”
“ Cerchi di fare sempre la cosa giusta è questo il tuo problema”
“ E quale sarebbe la cosa sbagliata in tutto questo casino?”
Lui fece spallucce e mi guardò come se la soluzione ai miei problemi fosse evidente
“ Ci vai a letto”
“ Oh ma certo! Andiamo a letto con il capo che ti ha reso la vita un inferno per tre anni” gettai la valigia per terra e mi sedetti sul letto imbronciata
“ è questo il problema! ti ricordi tra me e te?” lo guardai in tralice
“ non è la stessa cosa Stef! Come puoi pensarlo?”
“ Sì invece Bi. Pensaci tra noi c’era chimica poi abbiamo fatto sesso ed eccoci qui dopo dieci anni. Pensai alle parole di Stef ma io non ero per nulla convinta fosse realmente la tensione sessuale il problema tra me e Samuel.
“ Stef l’unica soluzione è cercare di superare questi mesi e mantenere il rapporto professionale di sempre” lui alzò gli occhi al cielo
“ Va bene testarda di una ragazza, allora vediamo cosa puoi mettere in quella valigia per mantenere la tua tanto anelata professionalità” Risi felice di avere un amico come lui.
La mia sveglia suonò di buon mattino e nonostante mi sentissi carica e di buon auspicio il mio buon umore si tramutò velocemente quando ricevetti quel messaggio.
“ Stef, puoi accompagnarmi in stazione?” lui aggrottò le sopracciglia confuso
“ non dovevi andare con Mr. Macho man?”
“ mi ha bidonato. È partito ieri sera lo stronzo” lui incrociò le braccia al petto battendo il piede sul pavimento
“ Cosa? Adesso non posso più insultarlo?”
“ per qualcosa che praticamente gli hai implorato di fare? No. Non sei più autorizzata a chiamarlo stronzo” sbuffai e recuperai la valigia dalla mia stanza
“ allora? Mi accompagni o no?” lui scosse la testa rassegnato e ci avviamo fuori.
Dopo una fila interminabile per il biglietto e due ore di treno finalmente ero alla stazione di Milano. Quel dannato De Luca aveva fatto il viaggio con il sedere poggiato sul sedile comodo della sua auto lasciandomi al mio destino. Non mi presi la briga di contattarlo per avvisarlo del mio arrivo, me la sarei cavata con google maps e la metro.
Guardai la facciata di quell’hotel e mi chiesi se l’indirizzo che mi aveva dato fosse quello corretto. Entrai e chiesi alla ragazza in receptionist
“ Sì signora è nell’hotel giusto a che nome ha prenotato?” io non ne avevo la più pallida idea ma diedi per scontato che la prenotazione fosse a nome di Samuel
“ De Luca” la ragazza sgranò gli occhi
“ Signorina Mancini, la stavamo aspettando.” Lei mi sorrise cordiale e io non potei fare a meno di ricambiare.
“ Finalmente sei arrivata!” mi voltai e posai gli occhi sul demonio la cui figura si stagliava in tutta la sua magnificenza. Mi accorsi anche della donna attaccata al suo braccio. La sua figura slanciata ed elegante si accostava perfettamente a quella di lui.
“ Beatrice, permettimi di presentarti l’incantevole Sophia Fontana la tua PR” il petto della donna si gonfiò sfoggiando il suo sorriso migliore. Sembrava un pavone vanitoso pronto ad accoppiarsi. Mi venne il voltastomaco ma mi costrinsi a sorridere e a porgerle la mano.
“ é un piacere conoscerti Beatrice o dovrei dire Emilia” mi fece l’occhiolino e mi venne in mente un piccolo ma fondamentale particolare che mi era sfuggito. Quella donna era stata la mia confidente personale per un intero mese! Assottigliai gli occhi e la squadrai per bene, sembrava la tipica donna interessata alle apparenze con poca voglia di ascoltare e tanta voglia di fare pubbliche relazioni, appunto.
“ il piacere è mio Sophia spero che riusciremo ad uscire vivi da tutta questa storia” lei rise e io la seguii
“ Bene Beatrice noi andiamo a cena, tu va in camera e riposa, domani sarà impegnativo” guardai i due ancora l’uno incastrato nel braccio dell’altro perfettamente eleganti e in tono l’uno con l’altro. Lui con un completo nero e lei con un abito da cocktail color champagne.
Pensai a come dovessi apparire io in quel momento, spettinata con abiti comodi da viaggio e sudata.
“ Certamente e poi cosa dovrei fare lavarmi i denti e non prendere caramelle dagli sconosciuti? Dovrebbe proprio imparare le buone maniere” salutai con un cenno Sophia e mi diressi verso l’ascensore trascinando il mio bagaglio.
Quando quelle porte dorate si chiusero mi accasciai alla parete buttando fuori l’aria dai polmoni. Non avrei resistito nemmeno per quarantotto ore me lo sentivo.
Mi ritrovai in una camera, decisamente lussuosa per i miei standard, in accappatoio e con una fame da lupi. Ripensai a quel damerino da quattro soldi e mi salì la bile alla bocca. Mi aveva bidonata trattata come una bambina di cinque anni e per di più non mi aveva nemmeno invitato a cena! Lui preferiva di certo Sophia a me anche se quella che si stava per immolare salvando la sua pellaccia chiara ero io.
Mi stesi sul letto e mi venne in mente Sherazad. Il principe Akbar l’aveva confinata nell’ala nord del castello dove avrebbe patito il gelo e la fame. Una punizione esemplare per una schiava ribelle come lei che aveva osato ballare per il sultano Shari’a. Ma Akbar non sapeva che Sherazad quella notte avrebbe dovuto incontrare il fratello al mercato dell’oro e che una stanza fredda e buia non fosse in grado di contenere la sua forza e la sua luce.
Anche io come lei ero rinchiusa in una torre ma di certo non ero prigioniera, mi sarebbe bastato un vestito, del trucco sul viso e un taxi.
In trenta minuti mi ritrovai su una macchina con uno sconosciuto che mi chiedeva dove volessi andare.
“ Ehm… conosce qualche locale dove poter passare una bella serata?” L’uomo mi guardò dallo specchietto retrovisore e io mi morsi il labbro imbarazzata per la figuraccia.
“ Lei non è mai stata qui vero?” mi rivolse un sorriso paterno che mi scaldò il cuore.
“ No.. direi di no”
“ La porto all’One Inn, mia figlia mi dice sempre che è il locale più figo della città” lo disse con una vocina sottile che mi fece ridere
“ Quanti anni ha sua figlia?”
“ Venti e Dio solo sa quando quella ragazza metterà la testa a posto!”
“ è giovane, ci vorrà solo del tempo” lui annuì e il resto del viaggio fu silenzioso.
Quando giunsi a destinazione mi resi conto che il tassista aveva ragione, quel locale era stracolmo e nonostante non fossi per nulla a mio agio decisi di entrare ugualmente.
Le narici si riempirono presto di fumo e la vista era annebbiata a causa dell’ambiente scuro e soffocante. Pensai a come si potesse scegliere volontariamente di andare in posti del genere e mi chiesi il motivo per cui io fossi lì.
Mi girai attorno per un po’ poi decisi che annegare nell’alcool sarebbe stata la soluzione migliore.
“ Un Long Island per favore!” cercai di sovrastare la musica avvicinandomi per quanto possibile al barista.
Dopo quattro drink mi ritrovai in pista con due mani sconosciute sul sedere. Non mi importava di chi fossero ero troppo confusa e coinvolta dalla musica.
Dopo non so quanto tempo decisi di svignarmela e tornare in hotel. Il taxi mi fece scendere proprio all’ingresso dell’edificio e quando entrai vidi un bufalo inferocito correre verso di me come fossi un manto rosso.
“ Si può sapere dove cazzo sei stata?” lo guardai e scoppiai a ridere isterica
“ Sei ubriaca” la sua non era una domanda ma io risposi lo stesso
“ Oh si, molto molto ubriaca” lo spintonai continuando a ridere per le sue facce buffe
“ Adesso tu vieni con me” mi prese il polso ma io lo spinsi via. Doveva proprio smetterla di darmi ordini.
“ io non vado da nessuna parte Akbar!” giunsi all’ascensore con lui alle calcagna
“ Akbar?” lui sembrava confuso e io di certo non ero la persona migliore per dare senso alle mie parole.
“ No, tu sei peggio di Akbar, sei Samael l’angelo dannato” entrai nel cubicolo ancora seguita da lui.
Non fiatò per tutta la salita fino a quando non giunsi alla porta della mia camera.
“ Stavi per caso entrando nella mia stanza?”
“ Vorrei assicurarmi che tu arrivassi intera a letto Beatrice”
“ è un nuovo modo per dirmi che vuoi fare sesso? “ lui sgranò gli occhi e io risi a crepapelle, non sapevo nemmeno perché ridessi.
“ Beatrice…” aprii la porta ed entrai nella mia camera.
“ lo so, lo so è assurdo! Ma Stef dice che è l’unico modo per eliminare questa assurda tensione sessuale che c’è tra noi, ma ci pensi? “
Cominciai a spogliarmi noncurante della presenza di Samuel che se ne stava a braccia incrociate con un sorrisetto strano sul volto.
“ chi diavolo è Stef?” mi bloccai con il vestito sfilato fino ai fianchi, donando al mio capo la visuale del mio seno coperto solo da una fascia in pizzo.
“ il mio migliore amico con cui ho fatto sesso dieci anni fa ma ch..”
“ ok adesso basta così , per quanto tu mi piaccia in questo stato, non posso approfittarne” mi spinse fino al grande letto al centro della stanza e mi rimboccò le coperte.
“ Akbar!” lo fermai prima che sparisse dalla mia visuale stanca. Lui si voltò e attese
“ perchè le rose fanno male?” i miei occhi ormai erano chiusi ma le sue parole risuonarono come un’eco
“ perché le rose hanno le spine mia dolce Sherazad”