Capitolo 3

2450 Words
Frugo nella mia valigia in cerca dei tacchi Louis Vuitton, mentre le risate dei miei genitori si mischiano a quelle di Noah nel salotto. Non appena sento la porta spalancarsi alle mie spalle sobbalzo, credendo si tratti di mia madre che voglia chiedermi spiegazioni per ciò che è successo, mentre io maledico mentalmente il giorno in cui ho accettato la proposta di Alex di sposarci in comune prima del matrimonio. Non penso che il divorzio sarà un colpo per lui, dato che sarebbe stato Alex a chiedermelo per come sarebbero andate le cose se non avessi saputo la verità, anche se sarebbe stato imprigionato a prescindere prima del mio arrivo. Mi viene la pelle d'oca pensando che possa capire di essere padre di due gemelli, ma non è poi così difficile arrivarci, dato che Noah e Ryan gli assomigliano davvero tanto, anche se farò di tutto pur di fargli credere che lui non ha niente a che fare con loro. Caccio un sospiro di sollievo quando mi accorgo che è solo Ryan a entrare e, senza spiaccicare parola, si siede sul letto affianco alla grossa valigia, guardandomi dritta negli occhi nel modo inquietante in cui solo lui sa fissare. «Amore, ti serve qualcosa?»-scuote la testa mentre lo guardo di sottecchi e per la prima volta non mi rimprovera per aver usato un nomignolo. «Non riesco ad allacciare la scarpa.»-alza una gamba mentre abbassa la testa e capisco che gli è costato tanto venire a chiedere un aiuto, quindi cerco di non ridere, mentre mi piego in avanti rubandogli un lungo bacio sulla guancia. Ha un forte caratteraccio, tanto che talvolta mi sembra di avere di fronte lui in miniatura, con il solito broncio e la tipica espressione cipigliata di un uomo che ha vissuto tante avventure spiacevoli. Ma questo è anche uno dei motivi per cui sono terrorizzata e sempre meno convinta del fatto che sto nascondendo a Ryan la verità: la prenderebbe davvero male e ha una testa talmente dura che non mi perdonerebbe mai, e al solo pensiero il cuore mi sale in gola e le mani sudare mentre gli sistemo le scarpe. Lo guardo dalla testa ai piedi con addosso una camicia e un paio di pantaloni che gli sono stati regalati da Louis, per poi passare le dita tra i suoi ricci per aggiustare il cespuglio che si ritrova sulla testa. «Usciamo.»-prendo la borsa con una mano, per poi ritornare in salone, dove trovo mio padre e Noah sul divano a tifare per il Manchester. «Noi andiamo.»-attiro l'attenzione dei presenti, per poi guardare attentamente l'orologio intorno al polso: Chris mi ha inviato l'indirizzo della location, anche se non le ho promesso di ritornare. Sarà una sorpresa per tutti, ma oggi non voglio rovinare la giornata della mia amica e mi limiterò a salutare i miei vecchi amici, anche se con alcuni è davvero da tanto tempo che non mi sono sentita. L'unica che ha davvero insistito a parlarmi è stata Tiara, minacciandomi che si sarebbe trasferita in Italia se non le avessi risposto al telefono, mentre a John ho subito aperto la chiamata, sentendomi terribilmente in colpa di non poter dire la verità. Sono stata considerata pazza per essere fuggita dalla Chiesa senza parlarne con nessuno, ma mi vergognavo di far notare agli altri che ero stata troppo ingenua di nuovo e che avevano avuto tutti ragione nel dirmi che lui non era per me. «Ti dobbiamo parlare.»-mia madre fa un passo avanti, ma alzo un braccio a mezz'aria immediatamente per fermarla, sapendo già che qualsiasi cosa esca dalla sua bocca, sicuramente non mi renderà felice, ma sono abbastanza stanca da non voler sentire brutte notizie. «È stato un lungo viaggio.»-sospiro, mentre guardo fuori dalla finestra, notando che è già buio e siamo in un ritardo tremendo. «Va bene. Ti porto io.»-mio padre la guarda di sottecchi, quasi per dirle di non affrettarsi, e lo ringrazio mentalmente, per nulla curiosa di ciò che vogliono dirmi. Mi avvio per prima verso la porta con Noah in un braccio e afferrando la mano di Ryan, che si allontana subito dopo sbuffando. «State attenti.»-mia madre ride ai gemelli, per poi rivolgermi un'occhiata d'intesa non appena varco la soglia d'ingresso, seguita da mio padre. Respiro l'aria fredda che mi circonda e rabbrividisco, quindi mi affretto ad entrare in macchina prima che uno dei due inizi a starnutire. Non voglio ritornare Italia con due gemelli che hanno il raffreddore, soprattutto per il poco tempo che avrò al ritorno. Ho preso una pausa di poche settimane e non posso deludere il primario dell'ospedale, dopo aver ottenuto il mio posto con tanta fatica e con l'aiuto di un vecchio insegnante universitario, il quale è riuscito a riconoscermi dopo anni. Mio padre sbatte la portiera alle spalle, per poi accendere l'auto e guardare attraverso lo specchietto retrovisore: senza volerlo i miei occhi finiscono sulla gigantesca casa alla mia sinistra, quindi ingoio il groppo alla gola, pensando che sarebbe dignitoso da parte mia salutare Clelia e Tom, anche se mi sarebbe impossibile guardarlo negli occhi dopo aver lasciato il loro figlio senza una degna spiegazione. «La villa ora è di Alex.»-mio padre esce dal piccolo parcheggio pieno delle macchine dei dipendenti che non ho salutato. Nel sentirgli pronunciare il suo nome raddrizzo la schiena, mentre i brividi mi attraversano tutto il corpo, ma non trovo il coraggio di fiatare e lo lascio continuare, anche se vorrei urlargli di non parlarmi di lui. Non ora. Ma sono anche consapevole del fatto che non potrò evitarlo per sempre, soprattutto ora che abito a pochi passi da casa sua e respiro la sua stessa aria. «Clelia e Tom hanno deciso di continuare a vivere in Australia.»-scatto la testa dalla sua parte, spalancando gli occhi. Non capisco il motivo per cui hanno deciso di vivere lontano dal Bronx, ma la cosa che più mi preoccupa e che mio padre cerca di farmi capire è che la villa ora è proprietà di Alex, e forse anche la loro azienda. «Ehm... Che vuoi dire?»-lo guardo con la coda dell'occhio dopo essermi schiarita la voce, al che non risponde immediatamente: «Che ora lavoro per lui.»-dice tutto d'un fiato, mentre socchiudo gli occhi. «E allora? Mi stai dicendo di non chiedere il divorzio ad Alex?»-le parole escono dalla mia bocca dimenticandomi che i miei figli stanno ascoltando tutto. «Cos'è un divorzio?»-Noah assume un'espressione confusa, contemporaneamente a Ryan: «Chi è Alex?» Evito entrambi, mentre mio padre sbuffa silenziosamente, guardandoli attraverso lo specchio: «Alex è un amico dal quale vostra madre vuole qualcosa.»-mi lancia un'occhiataccia di nascosto, ma non ho il tempo di rispondere, che Noah prende di nuovo la parola: «Che cosa?»-salta di nuovo in avanti, rischiando persino di cadere di faccia, quindi mi affretto ad allungare il braccio nella sua direzione. «Un... regalo.»-sparo la prima sciocchezza che mi viene in mente, per poi costringerlo a ritornare al suo posto. «Non intendevo quello.»-l'uomo al mio fianco riprende a parlare a bassa voce, per poi stringere le dita intorno al volante. «Solo... stai attenta. Sei cambiata molto...»-riprende a guardarmi dalla testa ai piedi rapidamente, per poi concludere:«Ma nemmeno lui ha reagito bene alla tua fuga.» Porto gli occhi fuori dalla finestra, mentre il mio respiro diventa irregolare e mi sento soffocare sotto il leggero tessuto dell'abito: cinque anni in prigione non potevano che aiutarlo a tirare fuori il suo lato peggiore, ma non ci avevo minimamente pensato. Solo ora mi rendo conto che forse non sarà così semplice chiedergli un pezzo di documento che mi liberi da lui. «Ehm... Tiara vive nella villa?»-chiedo con un filo di voce, sempre più incuriosita di sapere che fine hanno fatto tutti: «No.»-scuote la testa. «È rimasta vuota per tutti questi anni?»-chiedo con un cipiglio, perdendo un battito mentre mi rendo conto di come siano cambiate le cose durante la mia assenza. «Ci sono solo Giulietta e una giovane donna della tua età.»-alza le spalle, mentre ferma l'auto davanti a un edificio affollato. Si guarda intorno spaesato, per poi guardare di nuovo sullo schermo del mio telefono l'indirizzo, quasi per assicurarsi che siamo al posto giusto. ... una giovane donna... Corrugo la fronte, mentre provo a capire di chi possa trattarsi, dato che tra i parenti di Tiara non ci sono donne della nostra età. «Credo si chiami Naily.»-aggiunge, facendomi spalancare le palpebre e salire la temperatura corporea a tal punto che sono costretta a uscire dalla macchina, prima ancora di dargli il tempo di salutarmi. Aspetto che i miei figli mi imitino mentre picchietto la punta del piede sul cemento. In questi anni ho cercato di non perdere i contatti con Giulietta e ho sempre trovato il tempo di parlarle e presentarla ai piccoli. Infondo sono fratelli e nascondere la verità anche a lei non fa altro che aggravare i miei sensi di colpa. Ma non mi ha mai detto di vivere sotto lo stesso tetto con Naily... Mi chiedo cosa ci faccia in quella casa e se Giulietta è a conoscenza del fatto che Naily è sua madre, ma non l'ha nemmeno menzionata quando abbiamo parlato tre giorni fa al telefono. Afferro la mano di entrambi i gemelli, per poi limitarmi a fare un cenno con la testa a mio padre: «Grazie.»-dico con un filo di voce, per poi guardarmi intorno, sentendomi fissata. «Ti chiamo non appena finisce la cerimonia, non penso di rimanere a lungo.»-lo saluto con una smorfia che doveva essere un sorriso. Si limita ad annuire e accelerare, quindi decido di non rimanere al posto e muovermi verso la casa dei genitori di Chris. Capisco il motivo della sua scelta quando noto il gigantesco giardino decorato secondo i gusti della mia amica. «Clara!»-salto sul posto quando mi sento chiamare alle spalle, ma non posso non riconoscere la voce di Justin, anche se l'ultima volta che l'ho visto è stata quando ho deciso di trasferirmi in Australia. Non faccio nemmeno in tempo a girarmi e guardarlo in faccia che mi avvolge le braccia intorno al collo, quindi ricambio l'abbraccio, lasciando la mano dei due, che subito me approfittano per scappare via: «Non allontanatevi tanto!»-mi affretto ad avvisarli, mentre Justin si allontana dal mio corpo con un'espressione turbata: «Hai ripreso a fare la babysitter?»-ride, poggiando una mano sulla mia spalla, ma non rispondo immediatamente e mi limito a fissarlo dalla testa ai piedi, notando quanto sia cambiato. Si è fatto crescere i capelli, tanto che ora sono raccolti in una piccola cosa bassa, mentre per la prima volta lo vedo indossare una cravatta. «No.»-dico con un filo di voce, aggiustandogli il lembo della camicia:«Sono i miei figli.»-alzo le spalle, mentre le sue labbra formano una 'o': «Oh, cazzo!»-gira la testa per guardare nella direzione di Noah, nell'esatto momento in cui mio figlio ferma un cameriere con il vasoio in mano e gli fa segno di piegarsi in basso. «Dov'è Chris?»-chiedo per cambiare discorso, mentre i suoi occhi continuano a spostarsi tra me e i miei figli. Porta una mano sul retro del collo, quasi imbarazzato, per poi indicare con il mento la casa gigantesca che emerge in mezzo al giardino. «Ci vediamo dopo.»-dico a bassa voce, per poi lanciare un'occhiata al più maturo dei gemelli, dicendogli di tenere d'occhio Noah. «Certo.»-lo sento dire, mentre lo sorpasso rapidamente per raggiungere l'entrata, prima che Chris non possa ricevere più visite. Prendo un forte respiro, ma sento un forte peso sul petto quando cerco di farmi spazio tra gli invitati nel corridoio della casa. Tutto questo accorrere di gente mi ricorda quello che doveva essere il giorno più importante della mia vita, ma fortunatamente nessuno dei presenti sembra rientrare nella cerchia di persone che conosco, quindi non sono costretta a fermarmi fino a quando non arrivo nella stanza più affollata. Inclino la testa e cerco di approfittare dei tacchi alti per cercare di intravedere Chris e, non appena i miei occhi cadono su un abito a sirena interamente in pizzo, capisco di non aver sbagliato strada, ma allo stesso tempo mi blocco ai miei passi, vedendola con un sorriso sulle labbra. Un sorriso che mi ricorda i vecchi tempi: Non mi muovo di un millimetro, mentre le onde morbide e regolari cadono lungo le mie spalle e incorniciano il mio volto, coperto da un velo di fondotinta chiaro, in sintonia con la mia pelle. Persino i miei occhi sembrano essere più grandi, messi in risalto dalle sfumature di marrone che gli circondano. Per la prima volta le lunghe ciglia solleticano le mie palpebre scure, in contrasto con il bianco del vestito che nasconde il mio corpo minuto. Scuoto la testa quando incrocio gli occhi di Chris, che, non appena guarda il mio nuovo look, spalanca la bocca e mi indica di avvicinarmi, facendo girare dalla mia parte i presenti, comprese Tiara e Jessica. Mi avvicino piuttosto imbarazzata, anche se cerco in tutti i modi di non arrossire, mordendo l'interno della guancia. Spero la mia espressione seria basti per far capire che non voglio essere al centro dell'attenzione, e fortunatamente le ragazze sembrano capirlo, dato che si limitano ad abbracciarmi o lasciarmi una macchia rossa sulla guancia come nel caso di Tiara, che mi guarda attentamente, quasi preoccupata del mio stato. È evidente che è abbastanza stanca già guardandola in volta, ma capisco che per lei e i suoi genitori deve esser stato duro vivere, sapendo che lui stava chiuso in una cella e sicuramente circondato da gente poco consigliabile. Per quanto io odi quel uomo , vedendo ora la mia amica in queste condizioni è peggio di una pugnalata nel petto e quasi quasi sono contenta del fatto che sia stato liberato stamattina, ma solo per far ritornare il sorriso a coloro a cui ha fatto del male senza accorgersene... tranne a me: lui non potrà mai farmi ritornare a ridere come un tempo. Dall'occhiata che ricevo da parte della mia amica capisco anche che forse non mi odia, nonostante abbia abbandonato suo fratello all'altare... prima che lo facesse lui. Si stacca dall'abbraccio, quindi faccio per sorpassarla e salutare Jessica, ma mi blocco ai miei passi quando Tiara spalanca gli occhi, guardando alle mie spalle, e il sorriso si allarga sulle sue labbra. «Ti amo, Alex.»-non gli do il tempo di fiatare che giro la testa e mi catapulto sulle sue labbra per assaporare la sua bocca, mentre le mie narici si riempiono del suo profumo. Profumo famigliare. Profumo di Alex.  E nonostante abbia dormito con un altro uomo per anni, il suo profumo inconfondibile lo riconoscerei tra mille ancora oggi. Sento le gambe diventare molli e il sangue raggela nelle mie vene, impedendomi di girarmi, mentre affondo le unghia nella mia borsa e cerco di controllare il respiro pur di non svenire sul pavimento, davanti ai suoi occhi.
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