Capitolo 2: I Segreti del Bosco

1469 Words
La notte si fece più profonda, e con essa arrivarono i segreti che Marco aveva custodito per troppo tempo. L'uomo più anziano riempì di nuovo i bicchieri, le sue mani che tremavano appena mentre versava il whisky. Il fuoco nel camino crepitava ritmicamente, come un cuore che batteva nell'oscurità, e le ombre danzavano sui muri di legno creando figure che sembravano vive. «Dimmi tutto», disse Emilio con voce ferma, nonostante il turbamento crescesse. "Se devo rimanere qui, ho il diritto di sapere a cosa vada incontro". Marco si sedette pesantemente sulla poltrona di fronte a lui, il peso degli anni e dei segreti che curvava le sue spalle robuste. "Le otto sparizioni non sono casuali, Emilio. C'è un modello, una logica terrificante dietro a tutto questo." Prese da un cassetto della scrivania una cartella sgualcita, piena di foto e documenti. "La prima è stata Elena Rossi, ventisette anni, guida alpina professionista. È scomparsa a marzo, durante un'escursione in solitaria sulla cresta nord. Hanno trovato solo la sua giacca, appesa a un ramo a tre metri da terra, Come se l'avesse tolta mentre andava via. Mostrò a Emilio una foto della ragazza: bella, atletica, con occhi vivaci pieni di vita. "Poi c'è stato David Martinez, trentun anni, istruttore di sopravvivenza. Scomparso ad aprile nella valle del torrente Secco. Anche lui esperto, anche lui... forte." Le foto continuavano a susseguirsi: volti giovani, corpi allenati, sguardi che tradivano sicurezza e passione per la natura. Tutti attraenti, tutti nel fiore della vita, tutti con quella scintilla selvaggia negli occhi che Emilio riconosceva anche in sé stesso. "Vedi il collegamento?" chiese Marco, osservando attentamente la reazione del giovane ranger. "Non sono turisti casuali. Sono tutti persone che avevano un legame profondo con la natura, che sentivano il richiamo della natura selvaggia più di altri." Emilio studiò le foto, sentendo un brivido di riconoscimento. "Come me." "Esatto. Come te." Marco si alzò, andando a prendere una mappa dettagliata dalla parete. "Ma c'è dell'altro. I luoghi delle sparizioni non sono casuali. Guarda." Segnò con una matita rossa otto punti sulla mappa, tutti distribuiti in un cerchio perfetto intorno a una zona che non era segnalata su nessuna carta topografica ufficiale. Al centro del cerchio, c'era solo uno spazio bianco, come se i cartografi avessero deliberatamente evitato di mappare quella zona. "Cosa c'è là?" chiese Emilio, indicando il centro del cerchio. «Non lo so», ammise Marco. "Ci sono stato solo una volta, tre anni fa, seguendo un sentiero di cervi. È una radura che non dovrebbe esistere: troppo grande e troppo perfetta. E la vegetazione...» si passò una mano tra i capelli grigi. "Era come se ogni pianta, ogni fiore fosse più vivo del normale. I colori erano così intensi da far male agli occhi e l'erba era così verde da sembrare artificiale." Marco tornò al cassetto e tirò fuori altre foto, queste scattate nei luoghi delle sparizioni. Emilio le osservò con crescente inquietudine. In ogni immagine, la natura era rigogliosa oltre ogni normalità: fiori che sembravano brillare di luce propria, alberi più alti e frondosi di quelli circostanti, erba di un verde così intenso da sembrare fosforescente. "È come se la terra bevesse qualcosa," mormorò Marco. "Qualcosa che la nutre, che la rende più fertile. Ho fatto analizzare il terreno di nascosto, senza dirlo alle autorità. I livelli di nutrienti sono impossibili, come se ci fosse una fonte di energia sotterranea." Il vento si alzò improvvisamente fuori, facendo gemere i vetri delle finestre. Marco si irrigidì, tendendo l'orecchio. "Senti?" Emilio si concentrò. Il canto che avevano sentito prima ora era più chiaro, più vicino. Non era una sola voce, ma un coro di sussurri che si intrecciavano in un'armonia ipnotica e sensuale. Le parole non erano comprensibili, ma il significato arrivava diretto al cuore, risvegliando istinti primitivi e desideri inconfessabili. "Viene dalle zone delle sparizioni," disse Marco, la sua voce ridotta a un sussurro terrorizzato. "Ogni notte, quando la luna è piena o quasi piena. È un richiamo, Emilio. Una sirena che attira le anime che appartengono davvero a questo posto." "E tu non hai mai seguito il canto?" Marco rise amaramente. "Ho provato, una volta. Mi sono ritrovato ai margini della radura centrale, nudo e senza ricordo di come ci fossi arrivato. Quando sono rinvenuto, era l'alba e avevo graffi su tutto il corpo, come se avessi corso tra i rovi per ore. Ma non sentivo dolore, solo... voglia. Una voglia terribile di tornare, di lasciarmi andare." Si alzò bruscamente, andando alla finestra. I bagliori verdi tra gli alberi erano ora più intensi, pulsanti come un cuore gigantesco. "Da quel giorno ho iniziato a sognare cose impossibili. Visioni di corpi che si univano sotto la luna, di piaceri che andavano oltre l'umano, di una comunione con la natura così profonda da cancellare ogni confine tra uomo e bestia." Emilio sentì il sangue pulsargli nelle vene, una eccitazione pericolosa che lo stava invadendo mentre ascoltava quelle parole. "I sogni... erano piacevoli?" Marco si voltò, e nei suoi occhi c'era una luce febbrile. "Erano la cosa più bella e terrificante che avessi mai provato. Mi svegliavo coperto di sudore, duro come una roccia, con la sensazione di aver vissuto qualcosa di reale, di più reale della veglia stessa." Il canto si fece più intenso, e questa volta Emilio riuscì a distinguere qualcosa di simile al suo nome, pronunciato con una voce maschile profonda e sensuale che gli fece tremare le gambe. "Dio santo," mormorò, afferrandosi al bracciolo della sedia. "Lo senti anche tu, vero?" chiese Marco, un sorriso triste che curvava le sue labbra. "Senti che ti chiama per nome. È così che inizia sempre. Prima i sogni, poi i sussurri, infine il richiamo diretto. E quando arrivi a quel punto, non c'è più via di fuga." Marco si avvicinò a Emilio e gli mise una mano sulla spalla. «Per questo me ne vado all'alba, ragazzo. Non perché sono un codardo, ma perché so che, se rimango ancora una notte, non riuscirò più a resistere. Non voglio scoprire cosa c'è là fuori, cosa succede a chi segue il canto fino alla fine". Emilio alzò lo sguardo verso l'uomo più anziano, vedendo in lui lo specchio di una battaglia interiore che conosceva bene. "E se fosse qualcosa di bello? Se quelle persone non fossero morte, ma trasformate in qualcosa di migliore?" Marco scosse la testa con violenza. "Non pensare così, Emilio. È quello che vuole farti credere, quella cosa là fuori. Ti seduce con promesse di libertà, di unione con la natura, di piaceri impossibili. Ma il prezzo è la tua umanità, la tua anima." Il vento aumentò di intensità, e con esso il canto divenne quasi irresistibile. Emilio si alzò in piedi, attirato verso la finestra da una forza che sembrava magnetica. Le tende si gonfiarono come vele, e per un momento intravide qualcosa muoversi tra gli alberi: una figura alta e slanciata che lo osservava dalla linea del bosco. "Non guardare!" gridò Marco, tirandolo via dalla finestra e chiudendo le tende di colpo. "Non guardarlo mai negli occhi, qualsiasi cosa succeda. È così che ti prende, con lo sguardo." "Chi è?" chiese Emilio, il cuore che batteva all'impazzata. "Il custode", sussurrò Marco. "Il signore di questo bosco. L'ho visto solo una volta, ma è bastato per cambiare tutto. È.… perfetto. È troppo perfetto per essere umano. E quando ti guarda, senti che vorresti essere suo per sempre, costi quel che costi". Marco andò al camino, gettando altri ceppi sul fuoco come se la luce potesse proteggerli dall'oscurità che premeva contro le finestre. "Domani mattina presto me ne andrò, Emilio. E se fossi saggio, verresti via con me." "Non posso," disse Emilio, e nella sua voce c'era una determinazione che lo sorprese. "Questo è il mio lavoro, la mia responsabilità." Marco lo guardò a lungo, poi annuì tristemente. "Lo immaginavo. C'è qualcosa in te che appartiene già a questo posto. Lo vedo nei tuoi occhi, sento il richiamo che risponde al suo." Si diresse verso la sua stanza, ma si fermò sulla soglia. "Una cosa ancora, Emilio. Se decidi di seguire il canto, se non riesci più a resistere... almeno sappi che ti aspetta qualcosa che va oltre l'immaginazione. Qualcosa di così intenso e bello da farti dimenticare chi eri prima." "Sembra quasi che tu lo invidi," osservò Emilio. Marco sorrise con malinconia. "Forse è così. Forse parte di me invidia chi ha avuto il coraggio di lasciarsi andare completamente. Ma io sono troppo vecchio per rinascere, troppo attaccato alla mia umanità per abbandonarla." Si ritirò nella sua stanza, lasciando Emilio solo con il fuoco morente e il canto che continuava a chiamarlo dall'oscurità del bosco. Il giovane ranger rimase sveglio tutta la notte, combattendo contro l'impulso irresistibile di aprire quella porta e seguire la voce che sussurrava il suo nome con una promessa di estasi infinita.
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