La casa di Giacomo emergeva dalla vegetazione come un miracolo di pietra e legno. Costruita su palafitte tra gli alberi, sembrava crescere naturalmente dalla foresta stessa. Liane fiorite si arrampicavano lungo le pareti, creando un intreccio di colori e profumi che toglieva il fiato.
"È bellissima," sussurrò Nicola, alzando lo sguardo verso la struttura che si perdeva tra le fronde.
"L'ho costruita io," disse Giacomo con orgoglio, posando la valigia ai piedi di una scala di bambù. "Pezzo per pezzo, negli anni. Volevo qualcosa che fosse parte dell'isola, non un'invasione."
Salirono insieme i gradini che oscillavano dolcemente sotto i loro piedi. Nicola era dolorosamente consapevole della vicinanza di Giacomo dietro di lui, del suo respiro caldo sulla nuca, del calore che emanava il suo corpo.
L'interno era spartano ma accogliente. Mobili di legno scuro, tessuti naturali, e ovunque libri: guide botaniche, romanzi d'avventura, volumi di poesia che parlavano di un uomo più complesso di quanto apparisse.
"Leggete molto," osservò Nicola, sfiorando il dorso di una raccolta di Neruda.
"Le notti qui sono lunghe," disse Giacomo, e c'era una nota di solitudine nella sua voce che fece stringere il cuore a Nicola. "A volte i libri sono l'unica compagnia."
Si guardarono per un momento che sembrò eterno, e Nicola sentì il desiderio disperato di cancellare quella solitudine, di riempire quelle notti vuote con la propria presenza.
"Vi mostro la vostra stanza," disse Giacomo, spezzando l'incantesimo.
La camera era piccola ma luminosa, con una finestra che si affacciava direttamente sulla foresta. Un letto semplice, un tavolo da lavoro, una poltrona di vimini. Tutto quello di cui aveva bisogno.
"Domani mattina inizierete la vostra ricerca," disse Giacomo, appoggiandosi allo stipite della porta. "Vi guiderò io alle dionee giganti."
"Non è necessario," disse Nicola, aprendo la valigia e iniziando a sistemare i suoi strumenti. "Posso cavarmela da solo."
"No." La voce di Giacomo era ferma, quasi autoritaria. "Quest'isola non perdona gli errori. Io vi accompagnerò."
Nicola si voltò, sorpreso dal tono. Giacomo lo stava fissando con un'intensità che lo fece tremare. "D'accordo," sussurrò.
"Bene. Preparerò la cena. Venite giù quando siete pronto."
Rimasto solo, Nicola si sedette sul letto, la testa tra le mani. Cosa gli stava succedendo? Era venuto sull'isola per la ricerca scientifica più importante della sua carriera, e invece non riusciva a pensare ad altro che agli occhi azzurri di Giacomo, alle sue mani forti, al modo in cui pronunciava il suo nome.
Si alzò e si guardò allo specchio appeso alla parete. I suoi capelli erano spettinati dall'umidità, le guance arrossate dal sole e dall'emozione. Sembrava diverso, più selvaggio, come se l'isola stesse già cambiando qualcosa in lui.
Scese per la cena e trovò Giacomo che cucinava a torso nudo, il petto abbronzato che brillava nella luce della cucina. Nicola si fermò sulla soglia, la bocca improvvisamente secca.
"Pesce fresco," disse Giacomo senza voltarsi, come se avesse sentito la sua presenza. "L'ho pescato stamattina, pensando al vostro arrivo."
"Pensavate a me stamattina?" le parole uscirono prima che Nicola potesse fermarle.
Giacomo si voltò lentamente, un sorriso che gli curvava le labbra. "Penso a voi da quando ho ricevuto la vostra lettera, dottore. Un botanico che viene dall'altro capo del mondo per studiare le mie piante... come potevo non essere curioso?"
Le sue piante. Di nuovo quella possessività che faceva tremare Nicola nel profondo.
Cenarono sulla terrazza, sotto un cielo che si tingeva di viola e oro. Il pesce era delizioso, cucinato con erbe che Giacomo aveva raccolto sull'isola. Il vino bianco li rilassò, sciolse le ultime inibizioni.
"Raccontatemi della vostra vita a Milano," disse Giacomo, versando altro vino nei bicchieri.
"Noiosa," disse Nicola, sorprendendo se stesso con la franchezza. "Università, conferenze, laboratori. Sempre gli stessi volti, le stesse conversazioni. Non... non c'è passione."
"E nelle relazioni?" chiese Giacomo, lo sguardo penetrante. "Anche lì manca la passione?"
Nicola arrossì. "Io... non ho mai trovato qualcuno che..." Si fermò, incapace di continuare.
"Che cosa?" la voce di Giacomo era dolce, incoraggiante.
"Qualcuno che mi facesse sentire vivo," sussurrò Nicola. "Qualcuno che mi guardasse come se fossi... speciale."
Giacomo si sporse in avanti, la mano che scivolò lungo il tavolo fino a sfiorare quella di Nicola. "Siete speciale, Nicola. Lo siete sempre stato, semplicemente nessuno prima d'ora ha saputo vederlo."
Il contatto delle loro dita fu elettrico. Nicola sentì il respiro mancargli, il cuore battere così forte da essere sicuro che Giacomo lo sentisse.
"Giacomo..." sussurrò.
"Sì?"
"Perché mi guardate così?"
"Come vi guardo?"
"Come se..." Nicola deglutì, cercando le parole. "Come se voleste divorarmi."
Giacomo rise, un suono profondo e sensuale. "Forse è esattamente quello che voglio fare."
Si alzò dal tavolo con un movimento fluido, raccogliendo i piatti. "Andate a riposare, Nicola. Domani vi mostrerò le dionee, e dovrete essere lucido. Quelle piante non perdonano le distrazioni."
Nicola rimase seduto, tremando per il desiderio e la frustrazione. Giacomo stava giocando con lui, lo sapeva. Lo stava seducendo lentamente, metodicamente, come un predatore che circonda la sua preda.
E la cosa più terrificante era che Nicola voleva essere catturato.
"Buonanotte, Nicola," disse Giacomo dalla soglia, la voce carica di promesse. "Sogni d'oro."
Quella notte, Nicola non riuscì a dormire. Rimase sveglio ad ascoltare i suoni della foresta, i movimenti di Giacomo nella casa, immaginando il suo corpo disteso nel letto dall'altra parte del corridoio.
All'alba, quando finalmente scivolò in un sonno agitato, i suoi sogni furono pieni di occhi azzurri, mani forti e baci appassionati sotto la chioma degli alberi tropicali. E quando si svegliò, con il sole che filtrava dalla finestra, sapeva che quel giorno sarebbe cambiato tutto.
L'isola lo stava chiamando, e Giacomo era la voce che lo guidava verso un destino che non poteva più evitare.