Fermo qui, sotto l'antica chioma,
Rivivo i giorni andati e quelli a venire,
Mentre il vento accarezza ogni mia ombra.
Senza di te, il mondo è un crepuscolo spento,
Tu, mio sole caldo, unico incendio nell’eterno.
….
Luca fissava le foglie dell’albero di tiglio, quelle stesse che li avevano riparati anni prima, quando le loro bocche si erano incontrate per la prima volta. Un vento caldo sollevò i suoi capelli, portando con sé l’eco di risate sepolte. Senza di te, il mondo è un crepuscolo spento, pensò, stringendo i pugni. La corteccia ruvida contro la sua schiena era un promemoria di quanto Marco l’avesse inciso nella sua anima, come un fuoco che non si spegne mai del tutto.
Flashback
Un pomeriggio di luglio, cinque anni prima.
"Mi perdo sempre nei tuoi occhi, Luca," sussurrò Marco, inchiodandolo al tronco con le mani sui fianchi. Il sole filtrava attraverso le foglie, dipingendo i suoi lineamenti d’oro. "È perché ci vedi il tuo riflesso?"
Luca non rispose. Afferrò la nuca di Marco e lo attirò in un bacio che sapeva di terra bagnata e promesse. Le loro lingue si cercarono con furia primitiva, mentre le dita di Marco sollevavano la sua maglietta, tracciando fuoco sulla pelle nuda. "Sei l’unico che mi fa sentire vivo," gemette Luca, inarcandosi contro di lui.
Ma poi, come un temporale estivo, Marco svanì. Una lite stupida, parole taglienti, e un biglietto d’addio: "Devo trovare la mia luce altrove".
Presente
Una voce spezzò il silenzio. "Quell’albero è ancora il nostro rifugio, vedo."
Luca si voltò di scatto. Marco era lì, più magro, gli occhi ombreggiati da viaggi lontani, ma ancora quel sole che bruciava nell’oscurità di Luca. "Cosa ci fai qui?" la voce di Luca tremò più di quanto volesse.
"Ho capito che la luce che cercavo era tornata qui. Da te." Marco si avvicinò, il calore del suo respiro un richiamo ipnotico. Senza permesso, le sue dita intrecciarono quelle di Luca. "I giorni senza di te erano notti senza luna. Notti che non sopporto più."
La distanza tra loro evaporò.
Luca lo baciò con la disperazione di chi ha respirato solo cenere. Un bacio che era fame, perdono, possesso. Marco lo spinse contro l’albero, i suoi denti che segnavano il collo di Luca come un sigillo. "Dimmi che sono ancora il tuo sole," implorò Marco, strappandogli la camicia.
"Sei l’incendio che mi divora," ansimò Luca, affondando le mani nei suoi capelli.
Si persero in un labirinto di corpi, gemiti e sudore. Ogni tocco era una scossa elettrica, ogni morso un voto di eternità. Quando Marco lo penetrò, lento e profondo, tra le radici dell’albero, Luca gridò il suo nome al cielo. Era più di un amplesso: era una resurrezione.
…
All’alba, intrecciati sotto la chioma, Marco sussurrò: "Non spegnerti mai più."
Luca sorrise, sentendo il calore di quel sole che scioglieva ogni buio.
Finalmente, l’albero aveva riportato alla luce ciò che era sempre stato suo.
FINE