Gela la strada nell’inverno nero,
la brina incide la pelle, tagliente e vera.
Gela il cuore in questo esilio:
tu, mio fuoco, mia sola ossessione,
torna a me—sciogli la notte intera.
…
La nebbia di dicembre aveva trasformato Venezia in un quadro in bianco e nero. Riccardo avanzava lungo il molo, il violino stretto al petto come un’ancora. Ogni passo risuonava sul selciato ghiacciato. "Gela la strada nell’inverno nero", mormorò, il respiro un fantasma nel freddo. Sentiva quel gelo ovunque: nelle mani intorpidite, nelle ossa, nel cuore strappato via da Andrea due anni prima.
Andrea.
Il nome era una ferita aperta.
Un rumore di passi frettolosi lo fece voltare. Davanti a lui, con il cappotto sbottato e i capelli bagnati di brina, c’era lui. Andrea, con gli occhi color del mare in tempesta e quel labbro inferiore sempre tentatore.
«RC… credevo di non rivederti più», disse Andrea, la voce roca come legno strofinato.
Riccardo non rispose. Il ricordo li avvolse: le notti in quella soffitta sul Canal Grande, dove le corde del violino di Riccardo si mescolavano ai gemiti di Andrea, mentre fuori la neve copriva i tetti. "Tu, mio fuoco", aveva sussurrato Riccardo una volta, mordendogli la clavicola.
Andrea si avvicinò. Il profumo di legno di sandalo e neve lo travolse.
«Perché sei fuggito?» chiese Riccardo, la voce spezzata.
«Per paura. Bruciavamo troppo.»
Un guanto toccò la guancia di Riccardo. Un gesto antico, che fece crollare ogni barriera.
Li ritrovò un bar affollato, dove il vin brûlé scaldava i corpi ma non le anime. Andrea parlò: viaggi, solitudine, la musica di Riccardo ascoltata di nascosto in ogni città.
«Ogni nota era un coltello», confessò Andrea. «Gela il cuore in questo esilio. Senza di te… ero un fantasma.»
Riccardo gli afferrò il polso. Sotto i vestiti bagnati, la pelle era un incendio.
Correvano nella notte, verso la vecchia soffitta. La porta cigolò come un lamento. Dentro, il tempo si era fermato: spartiti sparsi, la coperta di lana rossa sul divano, il letto dove si erano amati la prima volta. Andrea spinse Riccardo contro il muro.
«Dimmi di no e me ne vado», sussurrò, i denti contro il collo di lui.
La risposta fu un bacio. Feroce, salato, un’esplosione di anni di silenzi.
"Torna a me—sciogli la notte intera".
Si sbatterono vestiti sul letto. Mani che strappavano bottoni, labbra che esploravano cicatrici note. Andrea era il mare in piena, Riccardo la scogliera che lo sfidava. Quando lo penetrò, lento e implacabile, Riccardo urlò il suo nome come una preghiera.
«Sei ancora mio», ringhiò Andrea, affondando più a fondo.
«Sempre.»
Fuori, la neve scioglieva in pioggia. Dentro, il calore li fuse: due corpi che ritrovavano l’unica geografia possibile. All’alba, Riccardo suonò il violino. Andrea ascoltava, nudo e bellissimo, mentre la prima luce accarezzava le sue cicatrici.
«Non fuggirai più», disse Riccardo.
Andrea sorrise, tirandolo a sé. «No. Perché il gelo è fuori. Qui… qui bruciamo insieme.»
Fine